Attilio Maseri e Piero Anversa nel Comitato dei revisori
Centro di Medicina rigenerativa: definite le unità operative e i progetti
Beltrami: "La Regione investa sulla creazione della banca dei tessuti"
Il Centro interdipartimentale di medicina rigenerativa (Cime) della facoltà di Medicina dell’Ateneo friulano, costituito lo scorso marzo e diretto per i prossimi tre anni accademici da Carlo Alberto Beltrami, fa un passo avanti. Sono state definite le otto unità operative che costituiscono il comitato scientifico, sono stati individuati i progetti di ricerca e costituito il comitato dei revisori scientifici, di cui faranno parte anche esperti del calibro di Piero Anversa e Attilio Maseri. L’attività del Centro entrerà nel vivo nel 2005 e la ricerca si concentrerà sullo sviluppo dei fattori di riparazione e rigenerazione tessutale e sullo sviluppo di una Banca dei tessuti, struttura che potrebbe entrare a far parte del Servizio sanitario regionale occupandosi della disponibilità di organi, tessuti e cellule per i trapianti, e che attualmente è assente in Friuli Venezia Giulia. Proprio su quest’ultimo progetto si rivolge uno dei maggiori auspici del direttore. Attualmente, infatti, la Regione investe fondi attraverso convenzioni con varie strutture extra-regionali. «Potremmo – sottolinea Beltrami – avere una Banca dei tessuti a Udine da subito, visto che abbiamo le tecnologie necessarie. Chiediamo alla Regione un finanziamento iniziale per la sua creazione. La Banca, una volta costituita, si manterrà con i fondi che attualmente vengono dati all’esterno».
Il comitato scientifico del Cime è costituito da otto unità operative: Geni, molecole, proteine, di cui è responsabile Claudio Brancolini, Immunità e tolleranza con il responsabile Carlo Pucillo, Cellule, tessuti e organi, con Francesco Saverio Ambesi Impiombato e Maurizio Marchini, Controllo qualità con Francesco Curcio, Fornitura e conservazione tessuti con Renato Fanin, Divulgazione scientifica con Carlo Alberto Beltrami, Sperimentazione animale con Gianluca Tell, a cui si aggiunge il Mati (microgravity, aging, training and immobility), il centro di eccellenza dell’ateneo friulano per lo studio della plasticità muscolare in condizioni di stress nell’uomo. Quest’ultima struttura è rientrata anche nel consiglio direttivo, con il suo rappresentante, Irene Mavelli, accanto ai dipartimenti di Scienze e tecnologie biomediche, Ricerche mediche e morfologiche, Patologia e medicina sperimentale e clinica, Scienze chirurgiche. Pochi giorni fa, inoltre, si è consociata al Cime anche l’Azienda sanitaria S. Maria della Misericordia di Udine, con il suo rappresentante in Consiglio direttivo, Ugolino Livi.
La valutazione della bontà e della correttezza del lavoro svolto sarà effettuata da un Comitato dei revisori scientifici, che sarà costituito da 3 eminenti scienziati, e di cui già fanno parte Piero Anversa del New York Medical College (Usa), autorità mondiale nel campo delle cellule staminali cardiache, e Attilio Maseri, cardiologo di fama internazionale del San Raffaele di Milano. «Nel lavoro del Cime – dice Beltrami – vogliamo coinvolgere scienziati di base e clinici, per realizzare una ricerca trasversale che porti le enormi conoscenze di base sul piano applicativo, riuscendo in questo modo a ottenere risultati concreti per il paziente». In particolare, per quanto riguarda l’ingegneria tessutale, il Cime, partendo dalle selezione delle cellule staminali dell’adulto, cercherà, per ovviare al problema della scarsità di organi disponibili per i trapianti, di arrivare alla crescita dei tessuti, e, in un possibile futuro, di organi interi. «Sembra fantascienza – commenta Beltrami -, ma a piccoli passi ci arriveremo. La Commissione Dulbecco nel 2000 ha raccomandato lo sviluppo dello studio delle cellule staminali dell’adulto per sopperire alle esigenze che ci sono nel settore dei trapianti. Dulbecco stesso afferma che in Italia ci sono intelligenze e capacità, ma se non ci si dà da fare rimarremo irrimediabilmente indietro».
La possibile Banca dei tessuti di Udine, utile ad esempio in caso di insufficienza epatica grave o nei casi in cui c’è necessità di mantenere in vita un paziente in attesa di trapianto, «potrebbe – precisa Beltrami - operare da subito nel campo del fegato, della cornea, del tessuto osseo e del cordone ombelicale». Le donazioni del sangue del cordone ombelicale, che può salvare la vita ai bambini colpiti da malattie tumorali, ematologiche, immunologiche o legate ad alterazioni del metabolismo, attualmente passano da Udine alla Banca di sangue di cordone della clinica di Oncoematologia pediatrica di Padova. «Trasferendo la Banca a Udine – dice Beltrami – potremmo superare le difficoltà logistiche legate al trasferimento a Padova e migliorare, almeno quantitativamente in modo significativo, i risultati in questo ambito». Non solo. In altre nazioni d’Europa o negli Stati Uniti, molti genitori chiedono di conservare, anche pagando, il sangue del cordone ombelicale per il proprio figlio, per poterlo utilizzare per la cura nel caso di sviluppo, nel corso della vita, di una laucemia o altra malattia onco-ematologica. «Potremmo offrire questo servizio – conclude Beltrami – anche a Udine. E se lo rendessimo un servizio pubblico, non a pagamento, allora sarebbe il primo caso in Italia».