20 maggio 2004
Contributo pari a 320 mila euro dalla Fondazione Crup
Futuro senza trapianti, nuovo strumento per individuare le cellule staminali
Primo laboratoprio in regione così tecnologicamente avanzato
L'Istituto di anatomia patologica del policlinico universitario di Udine ha un asso nella manica in più nel campo della ricerca per un futuro senza necessità di trapianti d'organo. Da oggi, infatti, la struttura può contare, oltre che sui due laboratori di Morfometria e Microscopia confocale, sul nuovo laboratorio MoFlo (Modular flow high performance cell sorter) dotato dell'unico citofluorimetro a flusso MoFlo così tecnologicamente avanzato in regione. Lo strumento contribuirà notevolmente alla selezione e alla caratterizzazione delle cellule staminali, ossia quelle cellule primitive in grado di differenziarsi nei diversi tessuti, e, quindi, utili a riparare gli organi, o, addirittura, a dare origine a organi complessi. Il citofluorimetro a flusso MoFlo della ditta Dakocytomation costa 380 mila euro ed è stata acquistato grazie al contributo di 320 mila euro della Fondazione Cassa di risparmio di Udine e Pordenone e, per la restante parte, dall'università friulana. Il nuovo laboratorio è stato inaugurato alla presenza del rettore, Furio Honsell, del direttore dell'Istituto di anatomia patologica, Carlo Alberto Beltrami e del presidente della Fondazione Crup, Silvano Antonini Canterin.
Il citofluorimetro sarà utilizzato per analizzare le cellule di varia provenienza (sangue e tessuti) allo scopo di individuare se esse appartengono alla famiglia delle cellule staminali. «Si tratta - afferma il direttore dell'Istituto di anatomia patologica di Udine, Carlo Alberto Beltrami - dello strumento più avanzato tecnologicamente in Regione. In Italia ne sono attivi meno di una decina». Una volta individuate le cellule, lo strumento è in grado di isolarle, consentendo agli studiosi di utilizzarle per altre ricerche, indirizzate, ad esempio, alla loro crescita e al loro differenziamento. «Lo strumento - aggiunge Beltrami - potrà anche essere utilizzato per studiare le sottopopolazioni di cellule del sangue e permettere, in questo modo, la diagnosi delle malattie ematologiche». L'Istituto di anatomia patologica del Policlinico universitario di Udine è da tempo impegnato sul fronte dello studio delle cellule staminali al fine di riparare tessuti e organi danneggiati, senza dover ricorrere, in futuro, ai trapianti.
Non ultima in questo settore, la recente attivazione del Centro interdipartimentale di medicina rigenerativa (Cime), che intende affrontare il problema della scarsità di organi disponibili per il trapianto attraverso l'utilizzo dell'ingegneria tessutale, ma anche sviluppare tecniche per ovviare al problema del rigetto, produrre apparecchiature per aiutare i pazienti in attesa di trapianto a superare in buone condizioni il periodo necessario al reperimento d'organo, conoscere i meccanismi che regolano la proliferazione e la differenziazione cellulare. «Nel mondo - ricorda Beltrami - vi è scarsa disponibilità di organi da trapiantare, e la richiesta aumenta continuamente, creando lunghe liste di attesa». Trapiantare organi, inoltre, significa prelevarli da individui deceduti in modo violento. «L'alternativa - precisa Beltrami - è quella di creare organi artificiali, oppure di avere a disposizione mezzi che consentono di riparare i tessuti e gli organi danneggiati. Noi lavoriamo proprio su questo, ossia sulla possibilità di avere a disposizione cellule staminali da trapiantare nell'organo malato per ripararlo».