Dottore honoris causa in Scienze della formazione primaria

Sgorlon: l'ateneo laurea il cantastorie e custode dei segreti del Friuli

Honsell: «Ha fatto diventare il Friuli un modello universale»

«Per salvare la Terra bisognerebbe tornare a forme di vita simili a quelle della civiltà contadina, con il vantaggio però di possedere la miracolosa tecnologia dei nostri tempi». Lo ha detto oggi Carlo Sgorlon nella lectio doctoralis pronunciata in occasione del conferimento al settantasettenne scrittore friulano della laurea honoris causa in Scienze della formazione primaria da parte dell’Università di Udine. La cerimonia si è svolta al cinema Visionario di Udine nell’ambito delle celebrazioni per il decennale della facoltà di Scienze della formazione. «O smettiamo di alimentare l’effetto serra e gli infiniti inquinamenti del nostro pianeta – ha affermato Sgorlon –, o su di esso la vita diventerà presto impossibile. Bisognerebbe radicalmente cambiare cultura, tornare a forme di vita parsimoniosa e sacrale». Ma per fare questo, ha spiegato l’autore di libri straordinari come Il trono di legno, La conchiglia di Anataj, Il vento nel vigneto-Prime di sere, per citarne solo alcuni, «bisogna che l’Essere, la Natura, la Vita, che ci hanno in qualche modo creati, siano sentiti in modi religiosi anche da coloro che non riescono ad attingere col pensiero a un Dio personale». 

        All’interno di quest’ottica, «la mia opera di narratore – ha aggiunto Sgorlon – non pare più quella di un conservatore chiuso alla modernità, ma quella di uno scrittore che indica una nuova, rivoluzionaria, concezione del progresso». Un po’ tutti i suoi romanzi, siano storici, o favole moderne imperniate su bizzarri personaggi caratterizzati dallo spirito dell’accoglienza e della donazione, sono d’impianto epico. «I miei libri – ha sottolineato il neo dottore – non si limitano a rappresentare i mali e le deformazioni del mondo, ma cercano di offrire modelli umani e di comportamento positivi, simili, almeno in alcuni versanti, a quelli della civiltà contadina, caratterizzata dalla parsimonia e da una religiosità istintiva e totalizzante». La sua narrativa va controcorrente: «Rifiuta – ha spiegato Sgorlon – ogni sofisticazione e segue le poetiche fondate sulla convinzione che la poesia sia soprattutto il risultato di una condizione di naturalezza, di semplicità, di capacità di vedere il mondo con occhi pieni di meraviglia». Gli uomini di oggi, denuncia lo scrittore, «perlopiù sono ubriachi di un eccessivo senso dell’ego e pensano solo a realizzare se stessi». 

        Per il rettore Furio Honsell, «Sgorlon ha fatto diventare il Friuli un modello universale. Ho quasi un sentimento di soggezione nei confronti di una mente così lucida, ma al tempo stesso così delicata. È riuscito, con una leggerezza anche di scrittura, a rendere tutto ciò che sembrava noto, che sembrava conosciuto, molto più profondo, molto più universale. Non si può concludere la lettura di un libro, di un passo di Carlo Sgorlon senza sentire di conoscere meglio se stessi e il Friuli».

Ma perché la laurea in Scienze della formazione primaria? Perché, spiega nella sua laudatio Fabiana di Brazzà, docente di Letteratura italiana, Sgorlon «è stato un insegnante e un educatore» e «ha scritto di argomenti che affascinano i giovani». Contrario al progresso a oltranza «pur riconoscendo i benefici delle scoperte scientifiche e tecnologiche – spiega di Brazzà – è convinto assertore di una filosofia di vita lontana dal materialismo e dal consumismo». Sgorlon non rinuncia alla «possibilità di “rimitizzare il mondo”, di vivere cioè – spiega la docente – in un mondo fatto di fiabe, di favole, di poesia, di tornare all’origine delle cose». I motivi portanti della sua narrativa sono, ricorda l’autrice della laudatio, «la predilezione per il mondo contadino, la visione intimistica dell’esistenza, unita a una profonda coscienza ecologica». 

        Grande merito di Sgorlon, evidenzia di Brazzà, «è quello di aver fatto conoscere l’anima profonda del Friuli al di fuori della regione, di aver trasmesso una cultura, un modo di essere». Sgorlon ha raccontato il Friuli anche attraverso gli eventi che hanno caratterizzato la sua storia: il terremoto, l’emigrazione in Siberia, lo scontro con i cosacchi, la tragedia del Vajont, le vicende terribili dell’Istria e della sua gente, i drammi dell’ultima guerra. In conclusione, secondo di Brazzà, Sgorlon, assieme a Biagio Marin, è «l’interprete e custode dei valori e delle tradizioni più profonde e autentiche, dei “segreti” del Friuli». 

        Secondo il preside della facoltà di Scienze della formazione, Franco Fabbro, «ciò che più colpisce di Sgorlon è la sua autenticità, l’impressione che il suo messaggio sia fuori dal tempo, il coraggio di essere una voce fuori dal coro, dalla media, dalla moda e dalla mediocrità». I suoi romanzi Prime di sere e Il dolfin costituiscono, per Fabbro, «una delle strade maestre per far vivere, in maniera poetica ed eroica, la cultura e la lingua friulana». 

        Sgorlon ha ricevuto la laurea honoris causa, come spiega la motivazione, «per la consistente produzione letteraria che gli ha valso riconoscimenti nazionali e internazionali; per aver ricoperto nel corso della sua vita l’incarico di docente nelle scuole superiori, distinguendosi per l’impegno didattico e affiancando così la sua attività, volta all’educazione dei giovani, a quella dello scrittore; per aver esportato le tradizioni culturali al di fuori della nostra regione, veicolando l’immagine di una terra depositaria di sentimenti e di valori culturali, civili e umani».

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