Massimo riconoscimento accademico al neuropatologo che lavora negli Usa dal 1969
Pierluigi Gambetti dottore honoris causa in Medicina e chirurgia
Autore di studi fondamentali sull’Alzheimer, modello di scienziato e medico, caposcuola internazionale delle malattie neurodegenerative, maestro di molti giovani ricercatori
«Punto di riferimento internazionale nell’ambito delle malattie neurodegenerative e maestro di molti giovani ricercatori». Queste le principali motivazioni con le quali l’Università di Udine ha conferito oggi la laurea magistrale honoris causa in Medicina e chirurgia a Pierluigi Gambetti, fra i massimi esperti al mondo della malattia di Alzheimer e delle malattie da prioni, fra cui il morbo della mucca pazza.
Gambetti, originario di Imola, lavora negli Stati Uniti dal 1969. Professore di neuropatologia alla Case Western Reserve University a Cleveland (Stati Uniti). Autore di studi fondamentali sull’Alzheimer, ha individuato la malattia dell’insonnia fatale familiare. Nel 1997 ha fondato, e poi diretto, la biobanca più grande del mondo di tessuti e materiale biologico di pazienti affetti da demenza, il National Prion Disease Pathology Surveillance Center.
«Purtroppo – ha detto Gambetti nella sua lectio magistralis – non esiste ancora un rimedio a malattie come l’Alzheimer e le altre patologie neurodegenerative, ma si continua a lavorare tenacemente per trovarlo». Gambetti ha inoltre auspicato e incoraggiato medici e ricercatori ad «approfondire l’aspetto umano nel rapporto con i familiari di pazienti affetti da malattie neurodegenerative, per proteggerli da pericolosi stress psicofisici».
La cerimonia di proclamazione, presieduta dal rettore dell’ateneo friulano, Alberto Felice De Toni, si è svolta a palazzo Belgrado a Udine. «Il professor Gambetti – ha detto De Toni – rappresenta un modello universale di scienziato e di medico che, con i suoi studi, ha contribuito in maniera determinante alla conoscenza dei meccanismi di funzionamento, e quindi anche di cura, di alcune delle più gravi e diffuse malattie del nostro tempo, come quella di Alzheimer. Il suo straordinario percorso scientifico, che gli ha fruttato una lunga serie di prestigiosi riconoscimenti, testimonia anche della qualità del sistema formativo universitario italiano, in particolare in campo medico, confrontato con realtà scientificamente all’avanguardia come gli Stati Uniti».
Dopo l’intervento del rettore, introdotto dai saluti del presidente della Provincia di Udine, Pietro Fontanini, hanno preso la parola Francesco Curcio, coordinatore del corso di laurea magistrale in Medicina e chirurgia, e Leonardo Alberto Sechi, direttore del Dipartimento di scienze mediche sperimentali e cliniche.
Ha poi preso la parola Gian Luigi Gigli, ordinario di neurologia all’ateneo friulano, per svolgere la laudatio di Gambetti, intitolata “Coltivare la memoria”. «La memoria – ha spiegato – è il presupposto stesso dell’accumulo delle conoscenze, e con esso della civiltà e della cultura, oltreché del progresso scientifico. Oggi lo studio della memoria può disporre del supporto di numerose branche della scienza: genetica, neuropsicologia, imaging, biologia molecolare. La generazione di Gambetti, uno degli studiosi che, in campo medico, hanno fatto all’estero più onore all’Italia, è quella che ha saputo coniugare lo studio neuropatologico ad altissimo livello con i più moderni metodi di investigazione».
Tutto questo per cercare di comprendere quando come e perché la memoria incomincia a sgretolarsi, fino a cancellarsi del tutto. «Questo problema è il problema fondamentale della nostra epoca – ha evidenziato il professor Gigli –, dalla cui soluzione dipende il nostro il futuro. Infatti l’inversione della piramide demografica mette in forse il futuro del sistema previdenziale, la tenuta del sistema sanitario, l’organizzazione stessa e la trama di relazioni della nostra società. Viviamo in una società che fa sempre meno bambini, che invecchia costantemente, che si cura poco dei vecchi e che forse, tra poco non ce la farà più ad occuparsi di loro».
Dopo la laudatio il rettore De Toni, lette le motivazioni ufficiali, ha proclamato dottore honoris causa Pierluigi Gambetti che, indossata toga e tocco, ha svolto la sua lectio magistralis intitolata “Malattie da prioni e altre demenze: passato, presente e futuro”.
Dopo una breve presentazione dei meccanismi patogenetici delle malattie da prioni, Gambetti ha presentato gli studi che hanno identificato la mutazione legata all’insonnia familiare fatale (IFF) e lo speciale meccanismo genetico che influenza l’eterogeneità fenotipica dell’insonnia familiare fatale e della malattia di Creutzfeldt–Jakob, anche se legate ad una stessa mutazione. «Gli stessi meccanismi patogenetici – ha spiegato Gambetti –, hanno spiegato anche l’eterogeneità fenotipica delle malattie da prioni umane sporadiche». Lo scienziato ha quindi illustrato anche le forme di malattie da prioni umane di recente scoperta. Infine, ha presentato la relazione tra le malattie da prioni e altre malattie basate su un’alterata conformazione di proteine specifiche e le difficoltà nel trovare il trattamento efficace.
Pierluigi Gambetti è nato a Imola (Bologna) il 12 ottobre 1934. Si è laureato a pieni voti in Medicina e chirurgia all’Università di Bologna, dove ha anche conseguito la specialità in Neurologia. Dal 1977 professore di Neuropatologia alla Case Western Reserve University di Cleveland (Ohio, Stati Uniti). Per i suoi studi sulla malattia di Alzheimer ha fatto parte del National Alzheimer Disease and Related Disorders Medical and Scientific Advisory Board dal 1988 al 1994. Autore di studi fondamentali sulle malattie da prioni, identificando tra l’altro l’Insonnia fatale familiare e distinguendola dalla malattia di Creutzfeldt-Jakob, ha fondato nel 1997 il National Prion Disease Pathology Surveillance Center, la più grande biobanca del mondo di tessuti e altro materiale biologico di pazienti affetti da demenza, del quale resta direttore fino al 2014. Gambetti è stato ispiratore e promotore di fondamentali ricerche, effettuate anche in collaborazione con il premio Nobel Stanley Prusiner, che hanno consentito di dimostrare la trasmissibilità delle malattie da prioni e a scoprire nuove forme, sia genetiche che sporadiche. L’Organizzazione mondiale della sanità lo ha incaricato di realizzare la classificazione internazionale clinica e biochimica delle malattie da prioni. Nel 1994 è stato eletto presidente dell’Associazione dei neuropatologi americani.