Risultati della ricerca pubblicati su “Scientific Reports”
Videogiochi per combattere la dislessia anche nei bambini di madrelingua inglese
La scoperta da uno studio di un team di ricercatori italo-australiano, condotto in Australia da Piergiorgio Trevisan dell’Università di Udine
L’uso di videogiochi d’azione aiuta a combattere la dislessia nei bambini di lingua madre inglese, che richiede regole complesse di conversione tra lettere e suoni linguistici. È quanto emerso da uno studio condotto all’Università di Sydney (Australia) da Piergiorgio Trevisan, dell’Università di Udine, in collaborazione con un team di neuroscienziati dell’Università di Padova, Bergamo, Trento, e Sydney. I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista internazionale ‘Scientific Reports’ del gruppo ‘Nature’, e si aggiungono a quanto già scoperto nel 2013 dagli stessi ricercatori di Padova e Bergamo (Simone Gori, Andrea Facoetti, Sandro Franceschini, Luca Ronconi e Sara Bertoni) sull’ efficacia di questo tipo di giochi per il miglioramento delle capacità di lettura nei bambini italiani con dislessia.
In particolare, i ricercatori hanno scoperto che i miglioramenti nella velocità di lettura indotti dall’uso, per poche ore, di un videogioco d’azione commerciale sono dovuti a specifiche stimolazioni di circuiti cerebrali che sarebbero in grado di migliorare, oltre all’attenzione visiva, anche la memoria dei suoni del linguaggio, ovvero quella che ci permette, per esempio, di ricordare per qualche secondo un numero di telefono che ci è appena stato dettato.
«Il risultato sorprendente – spiega Piergiorgio Trevisan - è che la memoria fonologica non viene direttamente allenata durante il training con i videogiochi, che non prevedono nemmeno alcuno stimolo di tipo linguistico. Il risultato è, quindi, verosimilmente dovuto a una riduzione dei costi neurali nel muovere l’attenzione da uno stimolo visivo (una lettera) ad uno uditivo (il suo corrispondente suono linguistico), processo fondamentale per imparare a leggere fluentemente». I risultati ottenuti «sono il frutto – sottolinea Trevisan - di un intenso lavoro collaborativo con il gruppo di ricercatori di Padova e Bergamo, senza la cui straordinaria esperienza e competenza questa ricerca non sarebbe stata possibile».
Una scoperta importante, che corregge la convinzione finora accertata che i videogiochi potessero essere utili soltanto nelle forme di dislessia visiva, ma non per quelle linguistiche più comuni. In questo senso, i risultati dello studio potrebbero contribuire a modificare significativamente lo scenario degli attuali programmi di riabilitazione della dislessia: se i videogiochi d’azione lavorano anche sulle difficoltà linguistiche tipicamente mostrate da bambini e adulti dislessici, i ricercatori hanno trovato un potente e al contempo divertente modo per aiutare a combattere questo disturbo del neurosviluppo.
Piergiorgio Trevisan, assegnista di ricerca del Dipartimento di Lingue e letterature, comunicazione, formazione e società dell’Università di Udine, ha iniziato la sua attività di ricerca all’Università di Sydney sin dal 2014, avendo allora ottenuto il finanziamento da parte della Commissione Europea nell’ambito delle azioni “Marie Curie People” - finalizzate a favorire la ricerca e lo sviluppo tecnologico, lo sviluppo della carriera dei ricercatori attraverso la mobilità internazionale – per il progetto “Miglioramento delle capacità di lettura dei bambini dislessici: il ruolo dell'azione dei videogiochi e degli ipertesti”, coordinato dalla professoressa Nicoletta Vasta, dell’Università di Udine.
Gli altri componenti del team coinvolto nello studio sono tra i più importanti studiosi italiani ed internazionali nel campo della dislessia: Simone Gori (Dipartimento di Scienze umane e sociali dell’Università di Bergamo), Andrea Facoetti (Laboratorio di Neuroscienze cognitive dello sviluppo, del Dipartimento di Psicologia generale dell’Università di Padova), entrambi consulenti scientifici dell’IRCCS “Eugenio Medea” di Bosisio Parini (Lecco), Sandro Franceschini (Università di Padova), Luca Ronconi (Università di Trento), Sara Bertoni (Università di Padova), Kit Double e Susan Colmar (University of Sydney, Australia).