«Istituire un indirizzo di posta elettronica cui inviare le proposte sui temi di governance, ricerca, didattica, valutazione. Ossia, sui temi su cui auspichiamo partirà una proposta di riforma del sistema universitario nazionale. Contemporaneamente, avviare un gruppo di lavoro in Senato accademico, che raccolga e valuti le proposte e interagisca continuativamente per definire una proposta di riforma concreta». È la proposta che il rettore dell’università di Udine Cristina Compagno ha lanciato oggi, e sottoporrà agli organi decisionali dell’ateneo, al termine dell’assemblea generale d’ateneo riunita nell’aula magna di piazzale Kolbe e convocata dal Senato straordinario lo scorso 29 ottobre per discutere gli effetti della Legge 133. Gremita l’assemblea, cui hanno partecipato tutte le componenti della comunità universitaria: studenti, docenti e personale tecnico-amministrativo.
Il rettore Compagno ha ribadito un “no” deciso ai tagli innescati dalla manovra finanziaria; «una manovra estiva sbrigativa – ha detto –, messa in atto nonostante gli appelli giunti da tutto il Paese e partiti proprio da qui, da Udine, lo scorso 7 luglio». Un no deciso ai tagli, cui il rettore ha contrapposto «un sì forte a una riforma per lo sviluppo qualitativo del sistema universitario nazionale. Sistema – ha sottolineato Compagno – già ampiamente sottofinanziato in Italia rispetto anche all’ambito europeo». «Non è possibile – ha fatto eco il preside della facoltà di Lettere, Andrea Tabarroni – migliorare senza risorse e se esse vengono tagliate senza un obiettivo».
L’Ateneo di Udine, cui lo Stato nel corso degli anni ha fatto mancare ben 95 milioni di euro di finanziamenti, in particolare dagli 11 ai 15 milioni di euro all’anno dal 2001 «dovrà far fronte – ha ricordato il direttore amministrativo Daniele Livon – ad una riduzione progressiva del fondo di finanziamento ordinario (Ffo) dal 2009 al 2011 che lo porterà dai quasi 77 milioni di euro ai circa 62-63 milioni di euro». Inoltre, il blocco del turn over «limiterà – ha spiegato Livon – le assunzioni dal 2009 al 2010 a sole 10 unità a fronte di 26 cessazioni». Alla luce della situazione che si prospetta «il 2009 – ha concluso Livon – sarà ancora gestibile pur intervenendo con drastiche manovre; nel 2010 non lo sarà più».
Tre i punti additati dal presidente del Consiglio degli studenti, Giovanni Benedetti. Il taglio dell’Ffo «la cui conseguenza – ha detto – sarà una didattica che non potrà essere più di qualità»; il blocco del turn over che «da una parte – ha detto Benedetti - non permetterà di rinnovare o rimpiazzare docenti, inficiando la qualità della didattica, dall’altra causa automaticamente l’impossibilità per noi studenti di immaginare un futuro nell’ambito universitario». Infine, la «poco chiara trasformazione – ha concluso Benedetti – in fondazioni. Se questo accadesse, verrebbe a cadere il limite del 20% del Ffo fissato come tetto massimo per l’ammontare delle tasse, garanzia di diritto allo studio».
Maurizio Pisani, rappresentante del personale tecnico-amminisrativo, ha sottolineato come la drammatica situazione causata dai tagli si abbatta anche sulla condizione dei precari dell’ateneo. «Relativamente alla finanziaria 2007 – ha precisato – gli stabilizzandi sono 54, più 9 collaboratori linguistici; nel 2008 dei 51 precari almeno 26 hanno maturato i requisiti per essere stabilizzati, ma per problemi di bilancio la stabilizzazione non è avvenuta. Sono tutte persone che lavorano a supporto della didattica e della ricerca e che rischiano di non poter essere confermate, né sostituite». Un grave danno «anche – ha concluso Pisani – per l’Ateneo e per l’utenza. Sono condizioni che non fanno bene né alla qualità del lavoro, né ai servizi resi».
Molti gli interventi di studenti, ricercatori e tecnici-amministrativi precari, studenti. Un grido d’allarme è emerso chiaro: «la 133 taglia il futuro, taglia ogni possibilità di fare ricerca, taglia i nostri sogni» ha detto qualcuno. La possibile trasformazione dell’università pubblica in fondazione è stata commentata come «una minaccia al diritto allo studio per tutti»; «un Senato accademico non può diventare un consiglio aziendale – è stato rincarato -: in questo modo verrà a mancare la libertà e l’indipendenza della ricerca». Così la situazione che si prospetta con l’applicazione della Legge 133 è stata, infine, sintetizzata da un ricercatore precario: «Qui non siamo in deficit di bilancio; siamo in deficit di futuro. Ridateci il futuro, riprendiamoci il futuro!».