Nell’ambito del progetto di formazione “Terra di Ninive” attivo nell’Iraq settentrionale
Ateneo e Farnesina donano il 1^ laboratorio di restauro archeologico di un museo del Kurdistan iracheno
Il laboratorio è stato inaugurato nel museo di Dohuk dal governatore della provincia, Farhad Atrushi, e dal console italiano a Erbil, Carmelo Ficarra
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Da sinistra Daniele Morandi Bonacossi, Carmelo Ficarra e Farhad Atrushi.jpg
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Restauratrice curda
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Il console Carmelo Ficarra
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Daniele Morandi Bonacossi
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Attività di restauro coordinate da Isabella Finzi Contini
Università di Udine e Ministero degli Affari esteri hanno donato il primo laboratorio di restauro archeologico di un museo del Kurdistan iracheno (Iraq settentrionale). Il laboratorio ha sede nel museo archeologico di Dohuk. All’inaugurazione, lunedì 31 agosto, hanno partecipato, fra gli altri, il governatore della provincia di Dohuk, Farhad Atrushi, e il console italiano a Erbil, capitale del Kurdistan iracheno, Carmelo Ficarra. La donazione è avvenuta nel quadro del progetto di formazione “Terra di Ninive”, finanziato dalla Task Force Iraq del Ministero degli Affari Esteri e condotto dall’ateneo friulano sotto la direzione del professor Daniele Morandi Bonacossi.
Attualmente il laboratorio è coordinato da Isabella Finzi Contini, restauratrice della Missione archeologica dell’Università di Udine nel Kurdistan iracheno. La studiosa italiana è impegnata nel restauro degli oggetti più importanti custoditi nel museo archeologico di Dohuk e nella formazione di restauratori locali che dovranno gestire il laboratorio. La formazione avviene attraverso un corso teorico di restauro di base e un tirocinio pratico sui materiali archeologici restaurati nel laboratorio.
Il progetto “Terra di Ninive” mira a formare archeologi del Kurdistan iracheno nelle metodologie della ricerca archeologica e della documentazione, tutela, valorizzazione e gestione del patrimonio culturale. Fra gennaio e marzo di quest’anno l’ateneo udinese ha svolto quattro corsi di formazione rivolti allo staff della Direzione delle Antichità di Dohuk, dedicati alle metodologie e tecniche dello scavo e della ricognizione archeologica, alla bioarcheologia, alla geoarcheologia e all’illustrazione archeologica. Il corso di restauro dei materiali archeologici concluderà le attività di formazione del progetto.
Parallelamente, l’Università di Udine, in collaborazione con l’Istituto per le tecnologie applicate ai beni culturali del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr), sta elaborando un progetto di musealizzazione all’aperto dell’immenso e unico sistema di irrigazione costruito all’inizio del VII secolo a.C. dal sovrano assiro Sennacherib per irrigare la piana di Ninive, capitale dell’impero assiro, e portare l’acqua alla metropoli. L’ateneo friulano sta documentando con le più avanzate tecnologie digitali il sistema di canali, acquedotti e gli straordinari rilievi scolpiti dagli Assiri sulle pareti rocciose delle montagne, in corrispondenza dei punti in cui l’acqua dei fiumi veniva deviata nel sistema di canali lungo circa 230 chilometri.
Nell’Iraq settentrionale, dal 2012 l’università friulana – con studenti, docenti, ricercatori e specialisti – è protagonista di un importante lavoro di censimento, catalogazione, tutela e valorizzazione dell’immenso patrimonio culturale del Kurdistan iracheno, «regione – sottolinea il direttore della missione, Daniele Morandi Bonacossi – minacciata da vicino dalle distruzioni iconoclaste dell’Isis».
L’inaugurazione del laboratorio costituisce un momento cruciale e simbolico dell’opera di formazione e tutela portata avanti dall’Università di Udine in Iraq. «È la migliore risposta – evidenza Morandi Bonacossi – che la comunità scientifica possa dare alla pulizia etnica e culturale portata avanti con sistematica ferocia e continuità dal califfato islamico e che, in questi giorni, ha visto il tragico assassinio dell’ex-direttore del Museo di Palmira, Khaled Al-Asaad, e la devastante distruzione dei templi di Palmira. Proteggendo e restaurando il patrimonio culturale dell’Iraq, come della Siria, e formando gli archeologi locali la comunità internazionale, e con essa l’Università di Udine, accettano e rivendicano l’obbligo morale di difendere il patrimonio culturale dell’umanità dall’attacco portato dalla barbarie e dal fanatismo oscurantista del terrorismo salafita».