Il brevetto è uno degli strumenti esistenti per realizzare il trasferimento tecnologico: trattasi di un diritto di privativa a cui può ricorrere il ricercatore-inventore per tutelare a livello nazionale e internazionale la proprietà intellettuale del risultato della sua attività di ricerca.
La prof.ssa Maria Cristina Nicoli, docente di Scienze e tecnologie alimentari e presidente della Commissione Tecnica Brevetti dell’Università di Udine, descrive alcuni aspetti fondamentali di questo strumento.
Chi può brevettare i risultati della ricerca e quali sono i vantaggi del brevetto?
“Qualsiasi docente, ricercatore, tecnico, dottorando o studente che svolga attività di ricerca nell’università. L’art. 65 del Codice della Proprietà Industriale esplica le due possibili procedure di registrazione del brevetto: esiste la tutela della scoperta scientifica a titolo personale per cui, gli oneri da sostenere per il deposito, così come gli eventuali profitti derivanti dalla successiva vendita o licenza di tale brevetto, sono totalmente a carico del ricercatore/inventore; oppure si delega la tutela dell’invenzione all’università: l’ateneo deposita il brevetto assumendosi tutti gli oneri ma riconoscendo al ricercatore l’originalità della scoperta. In questo caso il brevetto diventa di proprietà dell’Università, ma l’inventore partecipa alla ripartizione degli eventuali utili derivanti dalla licenza o dalla vendita del brevetto e delle royalties corrisposte.
Con il brevetto si può suscitare l’interesse delle aziende su quanto viene realizzato dall’attività di ricerca dell’università; a loro volta, le aziende hanno l’opportunità di acquisire un vantaggio competitivo portando in esclusiva sul mercato tecnologie innovative.
Molti i soggetti che ne traggono vantaggio: l’impresa può sviluppare o produrre qualcosa di inedito e orientarsi verso nuovi target; il ricercatore-inventore arricchisce il curriculum e ottiene un incentivo economico; l’Università, dimostrando di svolgere appieno la sua attività di trasferimento tecnologico, recupera risorse aggiuntive che verranno reinvestite in ricerca. La società stessa trae beneficio, sia perché le innovazioni introdotte sul mercato concorrono a migliorare il benessere e la qualità della vita dei consumatori, sia perché la ricerca, contando su ulteriori risorse che le consentono di proseguire sulla strada dell’innovazione, può offrire nuove opportunità ai giovani”.
In che modo si può verificare che una scoperta scientifica sia nuova e quanto può durare l’iter di deposito?
“è opportuno distinguere tra l’iter interno all’ateneo e quello vero e proprio di deposito del brevetto.
Qualora il ricercatore desideri tutelare i suoi risultati congiuntamente all’università, l’iter interno prevede che il ricercatore segnali la propria invenzione all’ateneo, il quale compie degli approfondimenti per verificare l’esistenza di determinati requisiti preliminari: ad esempio, in questa fase viene realizzata una ricerca di anteriorità con l’ausilio di professionisti del settore, finalizzata ad escludere l’esistenza di un brevetto già depositato identico o simile. I riscontri ottenuti vengono sottoposti all’esame della Commissione Tecnica Brevetti dell’ateneo che esprime un parere riguardo l’opportunità di procedere con il deposito della domanda di brevetto a titolarità dell’Università. Dal momento dell’avvio dell’iter non trascorre mai più di un paio di mesi per ottenere una risposta da parte della Commissione Tecnica Brevetti. In caso di esito positivo di questa fase preliminare, comincia l’iter di deposito del brevetto vero e proprio presso gli organi governativi preposti”.
Come si può motivare i ricercatori a brevettare le loro scoperte?
“I ricercatori che depositano attraverso l’Università ottengono: sgravio dei costi di registrazione, un ritorno economico sulle vendite prestabilito in percentuale e visibilità personale derivante da tutte le possibili pubblicazioni realizzabili sulla propria scoperta.
Alcuni ricercatori conoscono bene questi vantaggi, infatti molti propongono all’ateneo di brevettare ulteriori invenzioni.
Vi è tuttavia una parte di ricercatori che hanno una conoscenza limitata dello “strumento” brevetto e alcuni pensano addirittura che brevettare comporti un serio ostacolo alla pubblicazione dei loro risultati presso la comunità scientifica. In realtà, l’unica condizione necessaria per divulgare risultati oggetto di tutela è che il deposito del brevetto avvenga prima di una qualsiasi esposizione pubblica. Sarebbe bello che questo messaggio arrivasse anche ai nostri studenti e dottorandi che, nella realizzazione delle loro attività di ricerca in ambito universitario, potrebbero trovarsi di fronte alla necessità di proteggere le loro scoperte.
La possibilità di “raggiungere” con un’adeguata informazione tutti i potenziali inventori richiede, oltre che competenze specifiche, risorse umane da dedicare all’attività di sensibilizzazione e scouting”.
Come si può incentivare il trasferimento tecnologico dall’Università alle imprese?
“Con un personale esperto, in grado di dialogare con diverse realtà per trovare un punto di incontro tra esigenze industriali e accademiche. Dall’esperienza quasi ventennale nell’ambito del trasferimento tecnologico e, in particolare, nel settore dei brevetti, l’Università di Udine può contare su un capitale umano altamente qualificato che opera in laboratori dotati di strumentazione tecnologicamente avanzata e un personale amministrativo dedicato al trasferimento tecnologico. Il ricercatore/inventore viene accompagnato e supportato da personale esperto in tutto l’iter brevettuale fino alla gestione delle fasi di licenza e vendita a terzi del brevetto. Le potenzialità dell’università di Udine sono dimostrate anche dal ricavo elevato e superiore alla media nazionale proveniente dagli utili e royalties derivanti dalla commercializzazione di brevetti depositati in questi anni.
Un progetto comune tra le università regionali di Udine, Trieste e Sissa è attualmente in corso ed è finalizzato a mettere a sistema i rispettivi uffici di trasferimento tecnologico. Questa futura realizzazione potrà portare indubbi vantaggi in termini di disponibilità di risorse umane e professionalità, con conseguente maggiore capacità di penetrazione nel settore produttivo-industriale. Difatti non si tratterebbe di una semplice somma di forze, ma di una relazione sinergica che darebbe ampia visibilità nazionale al sistema universitario territoriale e quindi a chi di esso fa parte”.