Nell'ambito degli appuntamenti di "Aperture 2016"

Kusterle. Morus nigra

Presentazione del catalogo (Punto Marte Editore)

La storia di Morus nigra (l’albero del gelso), sedimentata nella sociologia e nell’economia del territorio, è ricca di simbologie in miti e leggende di tempi e mondi lontani. Una storia che l’artista narra in quattro cicli fotografici riabilitando i sentimenti del corpo. Un corpo arcaico, da recuperare tessendo la sottile e fragile fiducia sensoriale tra individuo e mondo, corpo umano e natura. In un perseverante gioco di rimandi e allusioni, contaminazioni, invasioni e alterazioni in cui il “senso” – inteso come significato razionale – lascia il passo ai sensi e alla voluttà. Fra alberi ritratti come individui, che s’infuocano in calde aurore, corpi sugosi ed epidermidi elevate a tracce vegetali.
 
L’autore
Roberto Kusterle, attivo dagli anni Settanta nel campo delle arti visive, si dedica alla pittura e alle installazioni fino all’incontro con la fotografia, che elegge a strumento ideale della propria ricerca espressiva. Le sperimentazioni degli anni successivi portano alla luce i temi essenziali della sua poetica: la continuità tra il mondo umano, animale e vegetale, il ruolo di mediazione del corpo, la negazione dello sguardo, l’esercizio costante dell’ironia, dell’ambiguità e dello spiazzamento. “Riti del corpo”, esposto per la prima volta nel 2003, raccoglie oltre dieci anni della sua ricerca fotografica e indica la scelta di operare per cicli che si susseguiranno nel tempo. Nel 2004 avvia il ciclo “Αναχρονος” (2004-06), cui seguono “Mutazione silente” (2007-08), “Mutabiles Nymphae” (2009-10), “Segni di pietra” (2011-12), “Segni della metembiosi” (2012-13), “Abissi e basse maree” (2013), “L’abbraccio del bosco” (2014) e “Morus nigra” (2015).
 
I relatori
Gian Paolo Gri, già ordinario di Antropologia culturale all’Università di Udine, si è occupato di antropologia alpina e storica, combinando ricerca di campo e d’archivio. In particolare, si è dedicato alle pratiche, ai saperi e alle strutture rituali e simboliche delle culture di mestiere (Tessere tela, tessere simboli, 2000; Modi di vestire, modi d’essere, 2004) e alla cultura contadina (Altri modi. Etnografia dell’agire simbolico nei processi friulani dell’Inquisizione, 2001; Dare e ricambiare nel Friuli di età moderna, 2007; Dalla parte della «morbida pecus» a introdurre G. Ferigo, Scritti di antropologia storica della Carnia, 2012). È stata appena ristampata (2015) la sua raccolta di saggi: (S)confini.
 
Sabrina Zannier, critico e curatore indipendente di arte contemporanea, ha curato mostre e cataloghi in Italia, Francia e Slovenia. Ha collaborato alla XLV Biennale di Venezia e al Centro d’arte contemporanea di Villa Manin di Passariano (UD) e, come autore, con Clueb, Fratelli Alinari, Skira e l’Istituto Treccani. Ha fatto parte della Commissione dell’Italian Studio Program 2000-2001 per il P.S.1 di New York, ha collaborato con il regista e artista Bigas Luna e, come consulente d’arte, con le aziende Brionvega, Furla, Illycaffè, Banca Friuladria, Sinetica Industries, Gervasoni. Dal 2002 è direttore artistico del Festival d’arte e spettacolo internazionale Maravee, che si svolge in Friuli Venezia Giulia e in Slovenia.
 

L’incontro rientrava negli appuntamenti ‘Aperture 2016’, iniziativa coordinata dai proff. Francesco Nazzi e Angelo Vianello: venerdì 20 maggio 2016, Auditorium di Palazzo di Toppo Wassermann, Udine, via Gemona 92. Evento organizzato dall’Università di Udine, in collaborazione dell’Assessorato alla Cultura del Comune di Udine, la Fondazione Crup e ‘Venti d’arte’ Associazione culturale. 

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