Convegno sabato 17 maggio al Castello di Udine
Sant’Osvaldo, Mereto di Tomba, Sedegliano Testimonianze della protostoria in Friuli
Tumuli funerari e castellieri portati alla luce
dai ricercatori del dipartimento
di Storia e tutela dei beni culturali
Le scoperte fatte negli ultimi anni dagli archeologi dell’Università di Udine in alcuni dei siti protostorici del Friuli saranno illustrate sabato 17 maggio, dalle 9, nel Salone del Parlamento del Castello di Udine, durante la giornata conclusiva del convegno internazionale “Paesaggi ancestrali: i tumuli dell’Eneolitico e dell’età del Bronzo”. Al centro dell’assise gli aspetti culturali, rituali, sociali ed economici posti dall’esistenza di tumuli funerari risalenti al periodo che va dal IV al II millennio a.C in Friuli, nell’Europa centro-orientale, in Grecia e nei Balcani. Il convegno è organizzato dalle cattedre di Archeologia egea e Preistoria e protostoria del dipartimento di Storia e tutela dei beni culturali dell’Ateneo udinese e dal Centro nazionale della ricerca scientifica insieme con l’Università Lumière2 di Lione (Francia). All’incontro partecipano una settantina di studiosi italiani ed europei. La presentazione delle campagne archeologiche condotte dall’Ateneo a Sant’Osvaldo, Sedegliano e Mereto di Tomba inizierà alle 15.
Il tumulo funerario protostorico di Sant’Osvaldo, alla periferia sud di Udine, risalente al 2000-1900 a.C., è stato il primo in Friuli ad essere portato alla luce intatto e perfettamente conservato. Attualmente il tumulo, un tempo incluso nel comprensorio dell’ex ospedale psichiatrico, rientra nell’ambito dell’Azienda agraria universitaria “Antonio Servadei” ed è in fase di restauro.
Gli scavi nel tumulo funerario di Mereto di Tomba hanno permesso di raccogliere indizi di grande valore sia sulla complessa tecnica costruttiva e materiali usati, sia sulla frequentazione e uso del sito. Su una monumentale piattaforma di pietre con un diametro di base di circa 25 metri e un’altezza di 6,5, si erge il corpo del tumulo di dimensioni grandiose a forma troncoconica con dei gradoni. Sono emersi, inoltre, importanti indizi sulla frequentazione del sito: frammenti ceramici databili intorno alla metà del terzo millennio a.C. e una cuspide di freccia in selce e resti di sacrifici bovini. Reperti che rimandano anche ad attività rituali, anche di tipo funerario, queste ultime testimoniate dai primi rinvenimenti di ossa umane, sparse e non composte in una vera e propria sepoltura.
«L’uso del tumulo come tomba individuale o collettiva – spiegano le coordinatrici del convegno, Elisabetta Borgna e Paola Càssola Guida – è noto nelle regioni del versante orientale dell’alto Adriatico, dove le caratteristiche del paesaggio e la scarsa antropizzazione hanno favorito la conservazione di strutture protostoriche». In Friuli sono ancora oggi ben visibili, nell’alta pianura a est e a ovest del Tagliamento, un territorio dominato dalla presenza dei “magredi”, pascoli magri propri di zone con terreni alluvionali, oltre 300 tumuli, anche se non tutti di carattere funerario. In alcuni casi costruzioni di questo genere potevano essere dovute ad attività di spietramento dei campi, oppure essere utilizzate come belvederi annessi a ville signorili o ancora, in età romana, come segnali di confine di proprietà terriere. I tumuli funerari in Friuli sono circa una trentina. Fra i più importanti quello di Selvis di Remanzacco e il tumulo di Campoformido, il più simile a quello di Sant’Osvaldo.
Il castelliere di Sedegliano è il più antico insediamento abitato fortificato “di lunga durata” finora indagato nel Friuli protostorico. È dotato di un terrapieno quadrangolare giunto fino a noi in perfette condizioni. Con la sua realizzazione si aprì una prima, prolungata fase di fervore costruttivo, durata fino al 1300 a.C. circa, che vide sorgere un po’ alla volta i castellieri arginati di Variano, Udine, Galleriano, Castions di Strada, Savalons e via via tutti gli altri. Le campagne di scavo condotte nel sito di Sedegliano dai ricercatori dell’Ateneo udinese hanno portato alla luce una considerevole quantità di frammenti di ceramica di abitato, le complesse stratificazioni del terrapieno difensivo e i fossati. Sono stati scoperti inoltre all’interno del terrapieno più antico due piccoli gruppi di tombe databili intorno al 1900 e al 1700 a. C. Le sepolture contenevano i corpi di personaggi di spicco nell’ambito della comunità che furono posti, dopo la morte, a protezione dell’abitato. Il primo impianto della fortificazione consiste in un piccolo terrapieno, alto circa un metro e largo sei, munito di un fossatello esterno. Questo sistema difensivo è stato datato in una fase media dell’antica età del bronzo (intorno al 1900-1800 a.C.) grazie ad alcune analisi al carbonio radioattivo eseguite in un laboratorio di Miami, in Florida, su campioni di ossa degli inumati rinvenuti al suo interno.
Il convegno è promosso in collaborazione con il Centro regionale di catalogazione e restauro di Passariano, il Circolo culturale “Il Menocchio” di Montereale Valcellina, il Consorzio di Comuni del Medio Friuli, il Museo civico di Udine e con il sostegno della Fondazione Crup.