Il progetto Bebi dell’università friulana punta a diffondere l’utilizzo del carbone vegetale in Africa a beneficio di ambiente e agricoltura
Ha suscitato l’interesse delle Nazioni Unite il progetto “BeBi” dell’università di Udine che intende contribuire alla lotta all’effetto serra e alla desertificazione favorendo l’utilizzo del carbone vegetale (biochar) fra le popolazioni rurali africane. Massata Cisse, responsabile dello sviluppo per i Paesi africani dell’Unido, l’organizzazione delle Nazioni Unite per lo sviluppo industriale che assiste i Paesi in via di sviluppo (Pvs), parteciperà a un vertice sul progetto che si terrà OGGI, mercoledì 10 febbraio, dalle 14.15, nella Sala del consiglio di Palazzo Florio, in via Palladio 8 a Udine. I lavori saranno aperti da Alessandro Peressotti, coordinatore del team del dipartimento di Scienze agrarie e ambientali che ha sviluppato il progetto di ricerca e trasferimento tecnologico che coinvolge, in primis, Ghana, Togo e Sierra Leone. Interverranno, fra gli altri, il delegato per i Rapporti con i paesi in via di sviluppo, Marco Galeotti. L’incontro proseguirà giovedì 11 e venerdì 12 febbraio presso il dipartimento di Scienze agrarie e ambientali del polo scientifico dell’ateneo, in via delle Scienze 208.
Il carbone vegetale è il prodotto della pirolisi, un processo di combustione lenta delle biomasse vegetali in assenza di ossigeno che consente di ottenere un gas dall’elevato contenuto energetico e, contemporaneamente, un prodotto dalle notevoli potenzialità fertilizzanti. Distribuito nei suoli agricoli e forestali ne aumenta la fertilità e, allo stesso tempo, ne riduce l’effetto serra accumulando nel suolo l’anidride carbonica (CO2), principale causa del riscaldamento terrestre. Per questo il progetto BeBi intende agire come spin-off per piccole e medie imprese locali africane in grado di produrre stufe pirolitiche, sviluppare le filiere di accumulo di carbonio nei suoli e commercializzare crediti di carbonio per i mercati volontari delle emissioni.
BeBi (Benefici per l’agricoltura e per l’ambiente derivanti dall’utilizzo del biochar nei Paesi dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico) è il primo progetto in questo settore finanziato dall’Unione europea che lo sostiene con un milione di euro.