Nuovi importanti indizi su tecniche costruttive e rituali
Al traguardo la prima campagna di scavi sul tumulo di Mereto
Riportato alla luce l’enorme nucleo in pietra del monumento
Il prossimo anno si giungerà alla sepoltura primaria
Nel corso delle tre settimane di scavi a Mereto sono stati verificati molti importanti aspetti della tecnica costruttiva ed è stato riportato alla luce il nucleo in pietra del monumento, impressionante quanto a dimensioni e volume di materiale impiegato. «Si tratta – sostengono Borgna e Corazza – dell’incontrovertibile e suggestivo indizio del fatto che la comunità disponeva di una discreta quantità di forza lavoro, di un folto numero di persone solidali e coese nel celebrare il capo defunto mediante la costruzione di un monumento così imponente». Inoltre, sono state raccolte importanti indicazioni di atti rituali consumati durante l’innalzamento o la chiusura del tumulo in pietra. Ad esempio, tracce di sacrifici animali, forse in occasione di pasti rituali. Non è invece stata fatta ancora luce sulla sepoltura primaria, che verrà esplorata il prossimo anno.
«L’uso dei tumuli funerari - spiega Borgna – costituisce un tratto culturale che lega la nostra regione ai territori transalpini e soprattutto a quelli balcanico-adriatici fino all’area adriatica meridionale, isole ionie e Grecia occidentale». Per capire meglio la natura e l’intensità delle relazioni culturali a lunga distanza, lo scavo del tumulo è stato avviato «con il precipuo intendimento – dice Corazza - di chiarire nel dettaglio i modi e le tecniche di costruzione e gli aspetti del rituale funerario connessi con questo genere di monumenti, che in Friuli, sulla base delle indagini già effettuate in particolare nel tumulo di S. Osvaldo a Udine, indagato dall’ateneo con pluriennali campagne di scavo, risultano per lo più costituiti da un nucleo di materiale litico, calotte o piattaforme in grandi ciottoli, sormontate da collinette in terra realizzate con placcature di argilla e gettate di ghiaia sostenute da rudimentali architetture lignee».
«Il lavoro svolto – afferma Paola Càssola Guida, ordinario di preistoria e protostoria all’ateneo di Udine – è scientificamente molto importante. Abbiamo raccolto informazioni nuove rispetto a quelle emerse a S. Osvaldo sulla costruzione, composizione e struttura di questi monumenti». Come di consueto per le campagne archeologiche dell’università di Udine, l’indagine sul campo ha avuto sia finalità scientifiche, sia un importante risvolto didattico, in quanto il campo scavi è servito per gli studenti del corso di laurea in Conservazione dei beni culturali come palestra per confrontarsi e sperimentare le fasi del lavoro dell’archeologo.
I lavori sono stati resi possibili grazie alla generosa ospitalità del comune di Mereto e dell’Associazione nazionale Alpini e alla disponiblità del proprietario del sito. L’iniziativa è stata resa possibile dal Comune, che ha messo a disposizione dell’università fondi regionali assegnati per la ricerca e la valorizzazione del patrimonio culturale locale. Il lavoro rientra in un più ampio progetto, comprendente ricerche d’archivio, prospezioni e produzione di opere didattiche e divulgative sulla protostoria del territorio di Mereto, che costituisce a sua volta un tassello di un più ampio programma di collaborazione tra ricercatori e consorzio di comuni friulani, legati da una convenzione che affida all’università di Udine lo studio, la divulgazione e la valorizzazione delle più antiche testimonianze del loro passato.