In programma dall'11 al 19 marzo a Gradisca d'Isonzo
Dal muto al sonoro: le versioni multiple e il cosmopolitismo cinematografico
Al via "III MAGIS - Gradisca Film Studies Spring School"
Promossa e organizzata dall'Università degli Studi di Udine - DAMS Cinema di Gorizia, la Cinegraph di Amburgo, la Cineteca del Friuli, la Cineteca di Bologna e altre realtà nazionali ed europee, in collaborazione con le Università di Paris III, Amsterdam, Brema, Valencia, Lugano, Praga, Milano, Pisa, la Scuola – che seguirà alla tre giorni del XII Convegno Internazionale di Studi sul Cinema, in programma a Udine dall'8 al 10 marzo – porrà al centro dell'analisi di quest'anno le versioni multiple dei film prodotti durante il passaggio tra muto e sonoro.
Il programma sarà articolato tra lezioni frontali, seminari e workshop, riservati a ricercatori e dottorandi, che si svolgeranno al Palazzo del Monte di Pietà di Gradisca d'Isonzo (Gorizia), tutti i giorni, dalle 9.15 alle 18, e una ricca serie di proiezioni, aperte al pubblico, nella sala civica Bergamas, sempre a Gradisca, nelle stesse giornate, a cominciare dalle 18.
Vere e proprie rarità quelle proposte anche quest'anno, con la proiezione di film in versione multipla, difficilmente visibili altrove, provenienti dai più prestigiosi archivi di cinema europei, uniti in una rete di riferimenti e collaborazioni con l’Università di Udine (Archivi di Praga, Berlino, Wiesbaden, Stoccolma, Londra, Parigi), girate da registi di fama (Pabst, Siodmak, Robison, Alessandrini, etc.) e interpretati da attori e attrici celebri in tutta Europa. Tra le tante pellicole in programma, basti ricordare “Dier Herrin Von Atlantis. Eine Fata Morgana” (1935), di G.W. Pabst, il regista di “Lulù, il vaso di Pandora”, e la sua versione francese “L'Atlantide” (1932). Oppure, il francese “Je t'adore... mais pourquoi?” (1931), di P. Colombier, seguito dallo spagnolo “Te quiero... ma porque?” (1931), il tedesco “Berlin! Welle 505” (1931) e l'inglese “I Adore You, Don't Know Why!” (1931). E, ancora, “First a Girl” (1935), di V. Saville, e il suo paio tedesco “Viktor und Viktoria” (1933), di R. Schunzel.
Pensato per superare il problema delle differenze linguistiche, che, con l'introduzione del sonoro nel cinema, vennero a limitare la circolazione dei film al solo circuito di distribuzione del Paese di produzione, il metodo delle versioni multiple diede peraltro nuovo impulso al movimento cosmopolita di registi, attori e maestranze del cinema avviato in Europa già dagli anni Venti. Con l'affermazione delle versioni multiple, infatti, i set cinematografici parigini, berlinesi, londinesi e romani si trasformano in luoghi di raccolta di saperi diversi, centri verso cui confluivano personalità del mondo del cinema di ogni nazionalità. Dettata da esigenze economiche, commerciali, linguistiche e culturali, la prassi di girare un film nelle diverse versioni nazionali, pur partendo dallo stesso scenario, comincia negli anni Trenta e arriva fino agli anni Sessanta. Studiare le versioni multiple, allora, significa andare alla radice dei processi di costruzione e rappresentazione delle identità nazionali, transnazionali ed europee. E significa anche seguirne i processi di cambiamento legati all'evoluzione della storia, al mutamento dei rapporti e allo scoppio di conflitti tra nazioni e culture. Uno specchio della formazione dell'identità europea: ecco cosa le versioni multiple, al di là del dato puramente tecnico e funzionale, rappresentarono allora e continuano a trasmettere oggi a chi le studia e custodisce.
Il programma completo del XII Convegno e della successiva III Magis è disponibile sul sito internet www.uniud.it/udineconference/