In occasione del decennale della facoltà di Giurisprudenza

Laureati honoris causa i giuristi Miguel Ayuso Torres ed Eugenio Raúl Zaffaroni

«Un riconoscimento a studiosi di profilo profondamente diverso che rispecchia lo spirito di una facoltà aperta alla pluralità di pensiero»

«Per aver portato un notevole e originale contributo alla scienza giuridica» l’ateneo di Udine, nell’ambito del decennale della facoltà di Giurisprudenza, ha conferito oggi la laurea honoris causa in Giurisprudenza a Miguel Ayuso Torres e a Eugenio Raúl Zaffaroni. «Un uguale riconoscimento – ha detto il preside, Danilo Castellano - a due studiosi così diversi tra loro per discipline, profilo e approccio, che racchiude in sé lo spirito di questa facoltà udinese aperta alla pluralità di pensiero e capace di accogliere tutte quelle posizioni che, seppur tra loro distanti, sono supportare da una solida e valida attività scientifica e, per questo, sono capaci di porre problemi stimolando il giurista al pensiero».

Una facoltà, quella di Giurisprudenza, «voluta dal territorio – ha ricordato il rettore Cristiana Compagno -, caratterizzato dalla piccola e media impresa che mira a crescere con la conoscenza degli strumenti del diritto e dell’economia». Pur in una situazione di scarsità di risorse dovute al sottofinanziamento che da anni affligge l’ateneo «con l’impegno di tutti – ha sottolineato Compagno – la facoltà è cresciuta, puntando soprattutto su alcune aree di particolare attrattività, fra le quali il Diritto di impresa nelle sue varie componenti e quello della pubblica amministrazione, verso una dimensione europea».

«La facoltà di Giurisprudenza – ha aggiunto il rettore - coniuga, nella laurea quinquennale, l’apprendimento della scienza giuridica con la conoscenza della rilevanza concreta dei fenomeni, considerando la scienza non fine a se stessa, ma come scienza applicata, per conoscere, impostare e risolvere in adeguata cornice sistematica i problemi che la pratica incessantemente suscita». Inoltre, «la facoltà – ha concluso Compagno – è inserita in un circuito di rapporti scientifici internazionali di cui le odierne lauree “honoris causa” sona una significativa testimonianza: il professor Miguel Ayuso Torres, ordinario di Scienze della politica e di Diritto costituzionale nell’Università Pontificia“Comillas” di Madrid, e il professor Eugenio Raùl Zaffaroni, ordinario di Diritto penale e Criminologia nell’Università di Buenos Aires».

Ludovico Mazzarolli nella sua laudatio ha definito il pensiero di Ayuso Torres «originale e caratterizzato da una rara forza del rigore e del metodo e da una produzione scientifica impressionante». Un pensiero che, analizzando i temi della Costituzione e dello Stato, tocca i concetti di “potere”, “legalità” e “legittimità”, e si interroga «se non viviamo nell’era del tramonto o forse dell’eclissi dello Stato, in un’era di trasformazioni del diritto pubblico dovute alla cosiddetta globalizzazione». «Oggi – ha affermato nella lectio Miguel Ayuso Torres - il modello presidenziale degli Stati Uniti e il parlamentarismo inglese, trapiantato in seguito in Francia e attraverso questa diffuso in tutto il mondo, tendono a convergere nella cosiddetta governance democratica, che altro non è se non il “governo” che tenta di aprirsi il cammino nell’ora della crisi dello Stato. La sua opacità fa sì che essa si allontani da molto da ciò che finora si è inteso per democrazia».

«Rispetto al passato – ha detto Ayuso - si verifica attualmente un cambiamento di notevole rilievo. La Costituzione iniziò organizzando i poteri dello Stato, a partire dal “principio” fondamentale della loro “separazione”. Oggi, però, essa cerca piuttosto di modificare la natura della società. La sostituzione del diritto con la legislazione, monopolio per giunta dello Stato, ha avuto in questo processo il suo ruolo dal momento che lo Stato non legifera per la società se non per avvicinarla ad esso. Il primato della volontà del potere sulla costituzione sociale, che è una delle caratteristiche del nostro tempo, ha rotto il filo di una tradizione storica forgiatrice di istituzioni, e in una certa maniera ogni ordine costituzionale contemporaneo si manifesta come un progetto razionale di costituzione, non solamente delle istituzioni che incarnano il potere politico ma anche della stessa natura dell’ordine sociale».

Marco Zanotti nella laudatio ha ricordato come Zaffaroni individui la necessità di «un Diritto penale liberale e umano, la cui fruizione deve essere quella di circoscrivere il potere punitivo, di favorire la decisione meno violenta. Il sapere penalistico, quindi, non subalterno al potere politico che esercita la violenza punitiva, bensì ad esso contrapposto nella ricerca dei limiti massimi di irrazionalità tollerabile nel concreto operare del sistema penale». L’elaborazione teorica di Zaffaroni, «del tutto originale e affascinante», si traduce in un «realismo penale attento anche a rivedere verità che parevano acquisite una volta per tutte, a interrogare la legge e la Giustizia dal Margine del Mondo». «In questo momento – ha detto Eugenio Raúl Zaffaroni nel corso della lectio - la fonte principale dell’insicurezza esistenziale e dell’angoscia che ne deriva è il fallimento del Welfare State, che ha dato luogo alla costruzione sociale di mondi paranoici che negli Stati Uniti ricadono a danno di latini e afro-americani, in Europa a danno degli emigranti, in America latina contro i settori sociali esclusi dal sistema produttivo ed in Africa nei confronti di etnie minoritarie, senza considerare la paranoia universalmente dilagante contro le minoranze islamiche e arabe in generale».

«Al massacro – ha detto Zaffaroni - si giunge mediante un processo che inizia quando la società non può soddisfare le richieste di realizzazione dei progetti esistenziali individuali, né è capace di canalizzare questa frustrazione in una impresa comune di superamento. L’insicurezza esistenziale si traduce così in angoscia e questa determina una violenza diffusa contro i più disparati gruppi e persone». Quando questa «angoscia è sofferta come insopportabile, questo è il momento ideale per insediare nella costruzione sociale della realtà un mondo paranoico, nel quale il capro espiatorio del gruppo diviene la causa di tutte le frustrazioni e si eleva alla condizione di nemico il soggetto a cui si imputano i peggiori delitti. Il potere punitivo nel mondo paranoico sfocia nella vendetta paranoica e questa nel massacro. Il suo contenimento da parte del diritto penale opportunamente integrato con la criminologia rafforza il potere giuridico dello Stato di diritto e nella realtà sociale si traduce nella prevenzione dei massacri e dei genocidi. La via da percorrere per un nuovo modello integrato su queste basi non sarà privo di ostacoli, ma è necessario avvertire che il cammino non sarà né facile né lineare, come mai lo fu il contenimento del potere punitivo. Non si tratta di un programma bucolico, ma di un progetto di lotta contro le pulsioni dello Stato di polizia che altro non sono che le pulsioni del senso di morte che operano nella società».

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