Organizzato dalla Regione Fvg con la Comunità di montagna della Carnia e l’Asca

Demolire o rivalorizzare? La Dolomiti Mountain School indaga la rigenerazione dei paesaggi montani

Il primo appuntamento si è svolto a Forni di Sopra

Restituire alla natura o valorizzare per la comunità? È questo il grande dilemma a cui cerca di rispondere il primo appuntamento della Dolomiti Mountain School dal titolo “Rigenerare paesaggi e architetture di montagna”, organizzato dalla Regione Friuli Venezia Giulia con la Comunità di montagna della Carnia e l’Asca, andato in scena lo scorso venerdì a Forni di Sopra.

«Quella di oggi è una giornata importantissima perché insieme alla Fondazione Dolomiti Unesco parliamo di rigenerazione dei paesaggi e di architettura dimenticata: elementi che possono diventare uno sprone per riuscire a rendere ancor più attrattivi questi territori» ha commentato il sindaco di Forni di Sopra, nell’accogliere gli oltre cinquanta ospiti provenienti da Friuli e Veneto. «Sempre di più, oggi, divengono fondamentali tavoli di concertazione tra tutti i portatori di interesse come architetti, paesaggisti, amministratori, operatori turistici e abitanti del paese».

«Lo scopo fondamentale della Mountain School» ha spiegato il coordinatore della Scuola, Giampaolo Carbonetto «è cercare di capire come operare in montagna, andando a indagare vari aspetti che normalmente vengono trascurati da chi interviene sul territorio. È un passo verso la restituzione della montagna alla propria funzione, rendendola più vicina a coloro che la vivono e la amano».

Partendo dall’esempio di Pineland, lo scheletro architettonico di un villaggio turistico degli anni sessanta progettato proprio a Forni di Sopra dall’architetto Marcello D’Olivo, i relatori – architetti, antropologi, professori universitari – si sono susseguiti in una serie di riflessioni circa il valore del paesaggio e l’integrazione delle strutture antropiche. Al centro della discussione il concetto di obsolescenza: non un processo irreversibile, bensì una caratteristica temporanea che si può invertire donando nuova vita ai manufatti caduti in disuso, e che «può diventare una porta aperta per uno sguardo progettante che immagina nuove funzioni e nuovi ruoli» ha suggerito la professoressa dello Iuav di Venezia Viviana Ferrario. «Ragionando sull’obsolescenza abbiamo cambiato il modo di percepire questi aspetti: ci siamo resi conto che sul territorio delle Dolomiti Unesco ci sono numerose strutture obsolete che in realtà rappresentano grandi potenzialità per la gestione del sito stesso».

«Un paesaggio si può ricostituire, si può restaurare, a volte si può anche reinventare» ha spiegato l’antropologo Franco La Cecla. «In tempi recenti è cambiata la sensibilità: oggi infatti siamo più sensibili rispetto ad un’idea molto più unitaria del paesaggio, nel momento in cui si percepisce che in montagna negli ultimi cinquant’anni si è costruito troppo e spesso male».

«Nasce quindi l’esigenza di ricercare un nuovo equilibrio, anche partendo dagli stimoli che ci ha lasciato Marcello D’Olivo» come ha ricordato l’architetto Giovanni Vragnaz.

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