Nuovi aspetti sull’ecologia alimentare del Canis aureus

Primo caso documentato in Europa di predazione di uno sciacallo dorato

Ripreso da una fototrappola, sul Carso triestino, ai danni di un capriolo

La natura si sa non è né giusta né sbagliata, bensì è complessa e di sicuro affascinante. Un aspetto che da sempre incuriosisce gli ecologi sono le interazioni tra specie animali, tra cui si annoverano i rapporti preda-predatore. In questo scenario, tipicamente vi è un carnivoro (il predatore) che per sopravvivere caccia e si nutre di un erbivoro, o addirittura un altro carnivoro (la preda). Molte volte a questo semplice rapporto binario, si aggiungono altri ‘attori’, come gli animali spazzini (‘scavengers’ in inglese) che possono cibarsi dei resti della carcassa predata, oppure possono addirittura scacciare il predatore per appropinquarsi del pasto, un fenomeno noto con il nome di cleptoparassitismo.

Sebbene ciò venga ben illustrato nei libri di ecologia, osservare direttamente tali fenomeni in natura è estremamente difficile. Per fortuna, negli ultimi decenni la tecnologia è venuta in aiuto agli studiosi permettendo di osservare le specie animali e le loro interazioni in maniera indiretta. È questo il caso delle trappole fotografiche (o fototrappole) le quali sono in grado di riprendere immagini o video ogni qualvolta un animale vi passa dinnanzi. Oggi moltissimi studi si basano sulle immagini ottenute da questi strumenti: da studi sulla distribuzione e densità delle specie fino a studi comportamentali. Capita però che possano essere ripresi anche eventi rarissimi da osservare, come le interazioni preda-predatore-scavenger.

È questo il caso di quanto accaduto sul Carso triestino ad inizio dicembre. Una fototrappola posizionata in maniera opportunistica, nell’ambito delle ricerche sulla fauna selvatica condotte dall’Università di Udine, ha ripreso per la prima volta in Europa una predazione da parte di sciacallo dorato (Canis aureus) ai danni di un individuo di capriolo (Capreolus capreolus). Le riprese, già di per sé eccezionali, hanno però acquisito ulteriore importanza poiché poco dopo l’atto predatorio si è potuto assistere ad un evento di cleptoparassitismo da parte del cinghiale (Sus scrofa) ai danni dello sciacallo. L’operazione è stata realizzata da Lorenzo Frangini, assegnista di ricerca del team impegnato nello studio della fauna selvatica coordinato da Stefano Filacorda, del Dipartimento di Scienze agroalimentari, ambientali e animali dell’Ateneo friulano.

Ma perché sono così importanti queste riprese? Al di là della rarità dell’evento al quale si è potuto assistere, i video forniscono nuove informazioni sia sull’ecologia alimentare dello sciacallo dorato, che sulle complesse interazioni che vigono nel mondo animale. Infatti, lo sciacallo dorato è un canide di medie dimensioni (10-15 kg) presente in Friuli Venezia Giulia dal 1984, dove negli anni ha creato i primi nuclei stabili che hanno permesso poi alla specie di colonizzare anche altre regioni italiane.

Il team di Filacorda si occupa da decenni dello studio dello sciacallo proprio attraverso una fitta rete di fototrappole, nonché mediante altre tecniche di monitoraggio. I dati ottenuti, in parallelo ai numerosi studi effettuati in Europa ed Asia, hanno sempre messo in evidenza come la dieta dello sciacallo possieda sia una componente vegetale, che animale. In quest’ultimo caso, è noto che il canide si nutra principalmente di animali di piccola taglia (roditori, lepri, uccelli); tuttavia, evidenze indirette hanno dimostrato che anche la fauna di media taglia, come gli ungulati, possono far parte della sua dieta. Quest’ultimo aspetto è fonte di dibattito nella comunità scientifica, proprio perché derivante da osservazioni indirette ottenute mediante l’analisi del contenuto dei campioni fecali o del contenuto stomacale di esemplari morti, i quali non sono in grado di fornire prove evidenti di predazione. Infatti, tuttalpiù, si ipotizzava che lo sciacallo potesse nutrirsi di ungulati grazie agli scarti di macellazione dei cacciatori, o predando attivamente i cuccioli di alcuni ungulati, tra cui il capriolo ed il cervo.

Tuttavia, ad oggi non ci sono mai state prove dirette di questo, tantomeno su prede di taglia spesso maggiore dello sciacallo, come un capriolo (sub)adulto. Ed è qui che si riesce a comprendere l’importanza dei video del carso triestino: mai nessuno aveva ripreso questo evento, confermando quindi che ciò può accadere. Quello che non si può quantificare, a causa della natura opportunistica del dato e dell’oggettiva difficoltà nello studiare tali rapporti interspecifici, è quanto spesso accadono questi eventi, il che potrebbe fornire un’idea sulle dinamiche di popolazione preda-predatore.

Altrettanto importanti sono le riprese successive alla predazione, ovvero l’arrivo immediato dei cinghiali che rubano e consumano la carcassa del capriolo. Il fenomeno del cleptoparassitismo è noto in natura, talvolta sfavorisce il predatore portandolo a predare più del dovuto per poter sopravvivere. Essendo però lo sciacallo un opportunista alimentare, ovvero nutrendosi di diversi tipi di alimenti, è probabile che questi riesca a far fronte al suo fabbisogno grazie ad una dieta onnivora. Tuttavia, alla luce di queste osservazioni dirette sorgono importanti spunti di riflessione: quanto spesso lo sciacallo preda sugli ungulati? E ancora, l’interazione negativa con il cinghiale che risposta determina in questo canide?

Per ora non è oggettivamente chiaro, e quindi gli studiosi dell’Ateneo friulano sottolineano l’importanza dello studio su questo tipo di interazioni per poter al meglio conservare la diversità di specie sul territorio regionale.

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