Nuovi composti chemioterapeutici con maggiore efficacia e minori effetti collaterali

Nei laboratori Uniud metodi computazionali vengono applicati allo studio della reattività di una nuova molecola a base di platino

I ricercatori dell’Università di Udine hanno conquistato la cover dell’ultimo numero di ottobre del Journal of the American Chemical Society, una delle più prestigiose riviste nel campo della ricerca chimica, con l’articolo: “Using Theory To Reinterpret the Kinetics of Monofunctional Platinum Anticancer Drugs: Stacking Matters”.
I risultati pubblicati sono frutto della collaborazione tra il gruppo di ricerca di “Termodinamica e Modellizzazione” del DPIA - Dipartimento Politecnico di Ingegneria e Architettura (Andrea Melchior e Marilena Tolazzi) e José Cerón-Carrasco del “Bioinformatics and High-Performance Computing Research Group” dell’Università Cattolica di Murcia (Spagna). Il lavoro è parte della tesi di dottorato di Daniele Veclani, studente del XXX ciclo in “Scienze dell’ingegneria energetica e ambientale” (DPIA), sviluppata a Udine e durante la sua trasferta a Murcia.

«I composti a base di platino approvati come chemioterapeutici negli ultimi decenni hanno dimostrato buoni risultati, ma la loro efficacia è limitata ad alcuni tipi di tumore e la loro azione è accompagnata da notevoli effetti collaterali - spiega Andrea Melchior, corresponding author nell’articolo e responsabile all’Università di Udine della tematica di ricerca pubblicata -. Queste limitazioni hanno spinto i ricercatori alla sintesi e caratterizzazione di nuove molecole, tuttavia pochi sono i nuovi composti che transitano dal laboratorio chimico alla sperimentazione medica. Recentemente i ricercatori del Massachusetts Institute of Technology hanno scoperto il phenanthriplatin, un composto che presenta un’efficacia potenzialmente molto più alta dei farmaci attualmente in commercio. La novità è che, a causa della sua particolare struttura, questo composto ha un meccanismo d’azione nettamente diverso da suoi predecessori che sembra far assorbire meglio il farmaco alle cellule e aggirare i processi che producono resistenza».

Nel laboratorio dell’Università di Udine sono stati applicati metodi della chimica computazionale per spiegare a livello microscopico l’origine dei dati sperimentali sulla reattività di questa molecola e quindi permettono di avere una comprensione più chiara delle reazioni chimiche alla base della sua azione.

 
 
 
 

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