Ricerca coordinata dall’Ateneo con i dipartimenti di scienze degli alimenti e scienze agrarie e ambientali

Frutta più sana e di qualità con le innovazioni green del progetto nazionale Ager-Stayfresh

Soluzioni facilmente trasferibili alla filiera produttiva per potenziare la competitività
del comparto agroindustriale. Progetto finanziato con 1 milione 225 mila euro
da 13 fondazioni bancarie fra cui la Fondazione Crup

Frutta più sana e di elevata qualità grazie alle innovazioni a basso impatto ambientale messe a punto dal progetto di ricerca nazionale Ager-Stayfresh, coordinato dall’Università di Udine, con l’obiettivo di contribuire a migliorare la competitività del comparto agroindustriale. Il progetto ha infatti individuato soluzioni facilmente trasferibili alla filiera produttiva dell’ortofrutta di IV gamma, cioè i prodotti freschi, lavati e confezionati, pronti per essere venduti e messi in tavola. La ricerca, triennale, è stata finanziata con 1 milione 225 mila euro da Ager, associazione di 13 fondazioni bancarie (fra cui la Fondazione Crup) che sostengono la ricerca nel settore agroalimentare.

Cinque, in particolare, le soluzioni definite dal progetto, diretto da Maria Cristina Nicoli, docente di Tecnologie alimentari all’ateneo friulano. Innanzitutto l’impiego di antagonisti naturali (come il microbo Aureobasidium pullulans) al posto dei fitofarmaci per preservare la qualità della materia prima nelle fasi di produzione e di conservazione post-raccolta.

Poi, l’utilizzo di tecnologie “green” per estendere la vita commerciale della frutta di IV gamma (in particolare della mela) mediante sistemi di bioconservazione che utilizzano microrganismi “buoni” quali i batteri lattici. Oppure mediante trattamenti fisici quali radiazioni luminose, trattamenti ipobarici (ovvero trattamenti condotti in condizioni di parziale vuoto) e impiego di atmosfere protettive non convenzionali a base di oli essenziali quali cedro, timo e origano.

E ancora, l’applicazione sistematica di sistemi di indagini e monitoraggio rapidi della presenza di microrganismi patogeni in tutte le fasi della filiera, per garantire alti standard di sicurezza igienico-sanitaria del prodotto finito.

Inoltre, l’adozione di sistemi di valutazione della qualità del prodotto in tempo reale per assistere il consumatore nella scelta consapevole del prodotto.

Infine, la valutazione dell’impatto ambientale della filiera della frutta di IV gamma (soprattutto della mela) in relazione alle innovazioni proposte dal progetto, attraverso la metodologia di “valutazione del ciclo di vita” (LCA - Life Cycle Assessment). Questo metodo valuta le interazioni che un prodotto confezionato ha con l'ambiente durante l’intero ciclo di vita, dalla produzione primaria, alla trasformazione e confezionamento, alla sua distribuzione e consumo.

«Inoltre – spiega la professoressa Nicoli – è stata condotta un’analisi economica per valutare se, e in che misura, la riduzione dell’impatto ambientate di una produzione di IV gamma possa consentire una riduzione dei costi di produzione e tradursi in un vantaggio competitivo per le aziende produttrici».

Al progetto partecipano anche le università di Bologna, Milano e Teramo e la Libera università di Bolzano; il Parco tecnologico padano e il Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura. Per l’ateneo friulano hanno lavorato un gruppo di ricerca del Dipartimento di scienze degli alimenti (responsabile Maria Cristina Nicoli) e due di scienze agrarie e ambientali (responsabili Roberto Pinton e Marta Martini).

I risultati del progetto saranno presentati durante il primo convegno conclusivo del progetto, “La mela di IV gamma”, in programma mercoledì 3 settembre presso la Libera Università di Bolzano.

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