A cura della Scuola Superiore di Uniud, un evento per riflettere
L’invenzione della razza nemica: un monito necessario per la nostra contemporaneità
Lettura, proiezione e dibattito a palazzo di Toppo Wassermann mercoledì 17 aprile alle 20.30, a 80 anni dalle leggi razziali del ‘38
Ottant’anni fa il popolo italiano, che non era tradizionalmente antisemita, fu spinto dalla propaganda fascista ad accettare la persecuzione di una minoranza, quella ebraica, che viveva pacificamente in Italia da secoli. Come fu possibile tutto questo? E quanto sappiamo ancora oggi di quel momento storico? Su queste e altre domande si vuole aprire una riflessione con l’evento “L’invenzione della razza nemica: 1938”, in programma mercoledì 17 aprile alle ore 20.30 a Udine nell’Aula 4 “Pier Paolo Pasolini” del Palazzo Garzolini di Toppo Wasserman, in via Gemona 92.
L’appuntamento, articolato in una lettura, una proiezione e un dibattito conclusivo, è stato organizzato dalla Scuola Superiore dell’ateneo friulano. La serata sarà introdotta dagli storici Paolo Ferrari e Francesca Medioli e dal regista Giorgio Treves; seguirà una lettura di brani dalla pièce teatrale “Fannie e Anita: il 1938” a cura della stessa autrice Sara Alzetta. In conclusione verrà proiettato il film-documentario, “1938. Diversi”, firmato dallo stesso Giorgio Treves, che vuole raccontare che cosa comportò per gli ebrei italiani l’attuazione delle leggi razziali promulgate nel 1938 e come la popolazione, ebraica e non, visse il razzismo e la persecuzione.
«Quello delle leggi razziali è un anniversario importante e purtroppo ancora molto attuale – commenta il direttore della Scuola Superiore Andrea Tabarroni -; poco più di ottant’anni fa, il regime fascista iniziò a promulgare delle leggi che privarono i cittadini ebrei dei principali diritti civili, rendendoli, agli occhi del popolo italiano, “diversi”. Attraverso la proiezione del film di Treves – conclude - si vogliono mostrare le tragiche conseguenze che gli ebrei subirono e rinnovare un monito necessario per il rischio che tali orrori possano ripetersi nella nostra contemporaneità».