Internet e carta stampata: una ricerca coinvolge 200 giornalisti
Il giornalista è sempre più multimediale Non tramontano l'intervista diretta e telefonica
Il rischio: «Il giornalista potrebbe diventare un uomo
da scrivania non più a caccia di notizie»
Internet cambia il lavoro all’interno delle redazioni, ma non lo stravolge. E’ quanto emerso dalla ricerca “Il giornalista europeo e internet”, promossa da John O’Sullivan (Dublin City University, Ireland) e da Ari Heinonen (University of Tampere, Finland), all’interno del progetto europeo COST A20 e condotta nel corso del 2005, coinvolgendo dieci Paesi europei, Cipro, Estonia, Finlandia, Grecia, Irlanda, Lituania, Slovenia, Spagna, Svezia e Italia. A rappresentare il Bel Paese in questa indagine, l’Università di Udine che ha analizzato, tramite la ricercatrice, Leopoldina Fortunati, docente di Scienze e tecnologie multimediali e Linguaggi e tecnologie dei nuovi media a Pordenone, il lavoro delle redazioni negli ultimi dieci anni, coinvolgendo 34 giornalisti di quotidiani e di siti, italiani (200 i giornalisti dell’intera ricerca) che sono stati invitati a valutare l’influenza di internet.
Assieme alla Fortunati ha lavorato Mauro Sarrica, dottorando in Psicologia Sociale e della Personalità presso il Dipartimento di Psicologia generale dell’Università di Padova e Federico de Luca, studente presso la Facoltà di Statistica dell'ateneo patavino. Ha completato la ricerca, il laureando in Linguaggi e tecnologie multimediali, Andrea Bellinetti che ha intervistato i giornalisti dei principali quotidiani locali, Messaggero Veneto, Il Gazzettino, Il Piccolo. «Lo studio – ha chiarito Leopoldina Fortunati – può essere considerato un barometro dell’opinione europea sui cambiamenti intercorsi nel ruolo professionale dei giornalisti e nell’organizzazione delle loro pratiche e routine di lavoro». Risultato? Gli intervistati non temono internet, la tecnologia che da neanche dieci anni è piombata nelle redazioni di tutto il mondo.
«In prima battuta – ha puntualizzato la ricercatrice dell’ateneo friulano – sembra che i giornalisti apprezzino internet. Per esempio, essi pensano che il giornalismo online apra nuove possibilità comunicative ai quotidiani e che esso rappresenti una strategia sia migliorativa che necessaria per i giornali. I giornalisti non temono le nuove forme di comunicazione online, in quanto il giornalista fai-da-te non viene percepito come una minaccia per il quotidiano. Una larga maggioranza dei professionisti della carta stampata, inoltre, è convinta che una combinazione tra il quotidiano in edicola e quello sul web migliori il rapporto con i lettori». Eppure una questione si apre ed è quella dell'attendibilità dell’informazione in internet. «Molti dei giornalisti europei intervistati – ha ribadito Fortunati – dubitano della veridicità delle notizie sul web e sono preoccupati che l’accuratezza dell’informazione perda il passo e venga sacrificata alla velocità nel giornalismo on line».
Numeri alla mano è evidente che lo strumento fondamentale rimane per l’82,4% degli intervistati la conversazione faccia a faccia, un dato che sale ancor di più pari al 94,4% su base regionale. Giornalisti del Corriere della Sera, La Repubblica, Il Sole 24 ore e La Stampa ritengono che, contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare, sono i professionisti in là con gli anni ad avere maggiore famigliarità con le web-notizie. L’uso di internet è molto sostenuto nelle redazioni: il 61,8% dichiara di connettersi alla rete più di una decina di volte al giorno. In particolare le redazioni del Friuli Venezia Giulia contattate si connettono in modo più sostenuto di quelle nazionali (il 61,1% più di 10 volte al giorno, il 27,8% da 5 a dieci volte e l’11,1% da 1 a 5 volte). A livello nazionale i due anni cruciali dell’online sono il 1995 e il 2000, mentre in regione il boom di internet nelle redazioni è spostato più in avanti, negli anni 2000 e 2001. A livello complessivo la maggioranza dei rispondenti (88,5%) è a conoscenza dell’esistenza del sito web e tra i giornalisti nazionali più della metà (52,9%) sa che il proprio giornale ha attivato una radio.
Sul fronte del rapporto tra giornalisti e lettori, più della metà degli intervistati (58,8%) a livello nazionale e il 66,7% del Friuli Venezia Giulia dichiara che la direzione non fornisce alcuna informazione a proposito, mentre il 32,4% dei giornalisti dei quotidiani nazionali e il 33,3% di quelli locali sostiene che essa dà informazioni a grandi linee. Solo un giornalista per testata dichiara di ricevere informazioni dettagliate. Internet è considerato un mezzo importante per rafforzare il rapporto con i lettori, mantenendo e ampliando i contatti con essi, dando loro l’opportunità di esprimere le proprie idee nei forum e intrattenendoli. Al contrario, internet non è visto né come uno strumento capace di potenziare la politica nei suoi vari aspetti, né come un mezzo adatto al business, capace di creare, ad esempio, un buon ambiente per i pubblicitari. Solo l’8 % ritiene che il giornale online disturbi la distribuzione all’estero dell’edizione cartacea. Gli altri non sanno o sono convinti del contrario. Secondo tutti i giornalisti intervistati su questioni importanti il pubblico preferisce i giornali cartacei e solo per i giornalisti nazionali combinare le potenzialità dell’off-line e dell’online migliora il rapporto col pubblico.
Ma quale sarà il futuro della carta stampata? Secondo la ricerca di Fortunati, il 71,3% degli intervistati è convinto che il giornalista stia diventando sempre più multimediale e quasi l’80% pensa che i giornalisti siano destinati ad avere caratteristiche sempre più tecniche. In particolare, coloro che usano più intensamente internet sono propensi ad attribuire maggiore importanza ai cellulari, mentre chi usa internet più moderatamente dà più importanza ai giornali gratuiti. Un pericolo è in agguato, mette in allerta Fortunati con la frase “Last but not least”. «In pratica – chiosa la ricercatrice – internet sta tramutando il giornalismo in un lavoro da scrivania che consiste più nell’impacchettare le informazioni che nello scovare la notizia, e questo è il vero rischio per la professione». Un rischio davvero alto quello di trasformare i giornalisti da “cani da guardia della democrazia” in “cani da salotto”.