Grazie al Dams dell'Ateneo di Udine, Gorizia si trasforma in una piccola capitale europea della musica d'antan, un paradiso per tutti i cultori degli antenati più remoti dei cd. Con il 2005, infatti, la città isontina diventerà un punto d'incontro fisso per collezionisti, archivisti, bibliotecari e studiosi di etica e tecnologia della preservazione e del restauro, con la trasformazione in manifestazione stabile biennale del Workshop di Gorizia sui 78 giri, che tanto successo ha riscosso alla prima edizione del 2003, organizzata dal corso di laurea in Discipline delle arti, della musica e dello spettacolo dell'Università friulana assieme a prestigiosi partner europei, nell’ambito del Progetto “Socrates-Grundtvig” dell’Ue. Ma non basta. Perché, ad aggiungere suggestione a suggestione, oltre ad ospitare le relazioni di esperti e le dimostrazioni pratiche di laboratorio, con il prossimo anno la Biennale sarà collegata anche ad una mostra-mercato dei dischi che hanno fatto la storia della musica, per la gioia dei collezionisti di 78 giri di tutta Europa. Nell'epoca di cd e Mp3, per i musicofili, un tuffo nel passato sull'onda dei ricordi, condito da un pizzico di nostalgia. Ma soprattutto, con pragmatismo da "scienziati del suono", l'occasione per valorizzare un patrimonio troppo a lungo trascurato: nell'edizione 2005 ci si occuperà dei 78 giri come una delle prime tecnologie del cinema sonoro, nel quadro degli studi sulle colonne sonore che sono uno dei punti cardine del programma di ricerca del Dams dell'Ateneo friulano a Gorizia. Non tutti sanno, infatti, che con complesse apparecchiature furono realizzati film sonori basati sull’uso di 78 giri, con esiti diversi e discussi per la difficoltà di raggiungere un sincronismo accettabile.
La Biennale sui 78 giri è "figlia" diretta del progetto internazionale dedicato alla cultura dei dischi a 78 giri, finanziato dall’Unione Europea nell’ambito del Programma Socrates, che nei giorni scorsi ha visto proprio a Gorizia il suo incontro conclusivo. Obiettivo del progetto era la valorizzazione di questi documenti sonori, che ci trasmettono testimonianze preziose non solo sulla musica classica, leggera e jazz, ma anche nel campo del cabaret e della etnomusicologia: un patrimonio culturale per la cui conservazione, con la creazione di archivi e fondi, e alla cui analisi, con rilevanti studi sull’attività delle case discografiche, l’apporto dei collezionisti privati è stato decisivo. Nel progetto erano coinvolti, oltre al corso di laurea in Discipline delle arti, della musica e dello spettacolo dell'Ateneo friulano a Gorizia con il Laboratorio Mirage, tre istituzioni austriache (l’Oesterreichisches Volksliedwerk, la Oesterreichische Mediathek e la Gesellschaft für Historische Tonträge di Vienna), due istituzioni tedesche (l’Allgau-Schwäbisches Musikarchiv di Eglofs e la Beratungstelle für Volksmusik in Franken di Uffenheim) e una svizzera (la Fonoteca Nazionale di Lugano).
L’unità di ricerca friulana si è occupata in particolare di aspetti tecnologici (catalogazione, riversamento e restauro) e storici, concentrandosi sullo straordinario fondo del triestino Pier Paolo Sancin, lo studioso che ha creato una delle collezioni più interessanti e complete della regione Friuli Venezia Giulia. Dall’analisi condotta da Alessandro Argentini su una selezione di dischi risalenti al periodo che arriva agli anni Venti sono emersi dati sorprendenti: ad esempio, che il nome dei virtuosi che compare sulle etichette può non corrispondere all’esecuzione, realizzata da dilettanti che commettono anche errori vistosi, oppure, che lo stesso disco stampato in Germania e nell’Impero Austroungarico si presenta in varianti coatte per effetto della censura (l’edizione tedesca di una scenetta intitolata Sciopero si chiude con il canto dell’Internazionale, tagliato nell’altra edizione), e così via.
I partner austriaci hanno ideato percorsi formativi per l’insegnamento da 78 giri di musica popolare allora registrata dal vivo, recuperando in un certo modo le tecniche della trasmissione orale; quelli tedeschi hanno cercato invece di invogliare gruppi musicali giovanili alla composizione di nuove musiche ispirate al carattere specifico dei brani popolari conservati nei dischi. Alla definizione di standard comuni per quanto riguarda la conservazione, la digitalizzazione e la catalogazione dei 78 giri si è quindi affiancata tutta una serie di iniziative per far conoscere al grande pubblico questo patrimonio spesso trascurato.