Più resistente e più economico, grazie alla sua nanostruttura e alla minore quantità di metallo prezioso necessario
Ridurre l’impatto ambientale ed energetico, abbattere i costi e favorirne un ampio uso commerciale in nuove applicazioni. É possibile grazie a un nuovo catalizzatore scoperto da un team di ricercatori della Sissa di Trieste, dell’Università degli Studi di Udine e del Centro di simulazione numerica Democritos, in collaborazione con l’Istituto delle tecniche energetiche dell’Università della Catalogna, a Barcellona. Sulla rivista Angewandte Chemie International Edition il team ha pubblicato uno studio che descrive la sintesi e i processi di funzionamento di un nuovo catalizzatore per la combustione del metano, capace di favorire un uso più pulito ed efficiente delle risorse energetiche e per la cui attivazione è necessario un minor contenuto di metallo prezioso, con conseguente beneficio economico.
«Il nostro catalizzatore favorisce un uso più pulito ed efficiente delle risorse energetiche – spiega Alessandro Trovarelli, ordinario di chimica industriale e tecnologica dell’università di Udine – perché è reattivo per la combustione del metano a temperatura più bassa di quella dei catalizzatori tradizionali: riduce così l’emissione di gas dannosi, che altrimenti si libererebbero a temperature più elevate. Inoltre potrebbe consentire l’applicazione in sistemi di generazione di energia più efficienti quali microcombustori e celle a combustibile». «I catalizzatori - precisa Stefano Fabris, ricercatore della Sissa di Trieste, in forze al Centro di simulazione numerica Democritos del Cnr - sono composti in grado di facilitare una reazione chimica, che avverrebbe normalmente a temperatura e/o pressioni più elevate. Sono ampiamente impiegati nell’industria per produrre molti beni di largo consumo, come per esempio materie plastiche, carburanti, fertilizzanti o farmaci. Un esempio di catalizzatore è costituito dalle marmitte catalitiche, ovvero i catalizzatori delle automobili, capaci di purificare i gas di scarico riducendo la quantità di sostanze inquinanti (monossido di carbonio, idrocarburi e ossidi di azoto)».
I catalizzatori più reattivi per la combustione di idrocarburi a bassa temperatura sono costituiti da nanoparticelle metalliche supportate da materiali ossidi. Ma i migliori sistemi noti fino ad oggi perdono la loro efficienza, cioé si disattivano, quando esposti ad alte temperature. Il catalizzatore scoperto dal team di ricercatori si basa su un approccio innovativo che permette di inserire in modo stabile il metallo all’interno del supporto, disperdendolo. «Ossia – continua Trovarelli – anziché disporre il metallo sopra l’ossido, abbiamo pensato di inserire direttamente le particelle di metallo all’interno dell’ossido realizzando una soluzione solida che presenta una nanostruttura innovativa. Otteniamo così un materiale che a parità di metallo inserito è più reattivo. Abbiamo cioé modificato la composizione atomica del catalizzatore ottenendo una maggiore efficienza».
I catalizzatori in genere sono realizzati da un supporto in materiale ossido resistente al calore e da materiale attivo cataliticamente come il platino, il rodio o altri metalli preziosi. «I nuovi catalizzatori più attivi – precisa Fabris – sono quelli in cui anche il materiale ossido entra in gioco nel processo di trasformazione chimica: il nostro funziona come una spugna di ossigeno, partecipa cioé attivamente alla reazione immagazzinando o rilasciando ossigeno reattivo, che può essere direttamente coinvolto nei processi ossidativi per la trasformazione, per esempio, di un inquinante quale il monossido di carbonio in anidride carbonica. Così facendo vengono risolti due problemi importanti: il costo e l’efficienza. Riducendo la quantità del metallo presente nel catalizzatore si riducono i costi. Comprendendo a livello atomico come inserire in modo specifico gli atomi di metallo all’interno dell’ossido, il catalizzatore diventa più efficiente e resta attivo più a lungo».
L’analisi microscopica ha permesso di ricondurre l’attività chimica alla formazione di nanostrutture ordinate che non soffrono della deattivazione quando esposte ad alta temperatura, consentendo così di intervenire positivamente sul punto che limita l’attuale tecnologia. L’equipe ha usato tecniche di indagine complementari. La sintesi e la misura della reattività in condizioni reali, che permette di stabilire l’effettiva importanza tecnologica del nuovo materiale. La microscopia elettronica a trasmissione che permette di osservare in grande dettaglio la struttura atomica delle superfici dei materialidi e individuare la parte di materiale che è alla base della sua reattività chimica. La simulazione numerica che permette, mediante l’uso di supercalcolatori paralleli, di svelare la struttura e i meccanismi atomici ed elettronici che controllano il funzionamento del nuovo catalizzatore.
L’importanza del lavoro è stata sottolineata dagli editori della rivista, che lo hanno selezionato e incluso nella categoria speciale dei contributi particolarmente significativi (Hot Paper) in un campo di altissimo interesse e in rapido sviluppo. Angewandte Chemie International Edition è la rivista con il più alto impact factor nelle scienze chimiche, seconda, in questo campo, solo a Science o Nature. La ricerca è stata realizzata grazie a un contributo del Miur (progetto Prin) e della Regione Friuli Venezia Giulia.
FONTE: UFFICIO COMUNICAZIONE SISSA