Lunedì 7 aprile nella sala convegni di palazzo Antonini
Gli anni '70: "Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto"
Proiezione a ingresso libero nell’ambito di “Un Paese
che cambia. La storia dell’Italia repubblicana in dieci film”
Il film “Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto” (1970), sull’autorità costituita e le dinamiche di un potere istituzionalizzato capace sempre di salvare se stesso, sarà proiettato a ingresso libero lunedì 7 aprile alle 17.30 nella sala convegni di palazzo Antonini, in via Petracco 8 a Udine, con introduzione del giornalista Giampaolo Carbonetto. La pellicola, Oscar come miglior film straniero e Gran Premio della Giuria a Cannes, è stata scelta dalla cattedra di Storia contemporanea dell’Università di Udine per descrivere l’Italia degli anni Settanta nell’ambito dell’iniziativa, organizzata dal dipartimento di Storia e tutela dei beni culturali dell’Ateneo con la Cineteca del Friuli, “Un Paese che cambia. La storia dell’Italia repubblicana in dieci film 1945 – 1980”.
Il film narra le vicende del “Dottore” (Gian Maria Volonté), ispettore di Polizia che, il giorno stesso della sua promozione, uccide l’amante. Conscio della posizione in cui si trova, il funzionario non tenta nemmeno di occultare le prove contro di lui, ma, al contrario, nel corso delle indagini fa di tutto per spargere indizi della sua colpevolezza, nella convinzione che la carica che ricopre lo renderà intoccabile. “Indagine” ottenne numerosi riconoscimenti. Con la regia di Elio Petri, soggetto e sceneggiatura di Elio Petri e Ugo Pirro, il film nel 1970 ebbe l’Oscar per il miglior film straniero, il Gran Premio della Giuria a Cannes e il David di Donatello a Gian Maria Volonté; nel 1971 ottenne i Nastri d’argento a Petri, a Volonté e a Pirro. La colonna sonora è firmata da Ennio Morricone. Tra gli interpreti, Florinda Bolkan, Gianni Santuccio, Orazio Orlando, Arturo Dominaci.
«“Indagine” – dichiarò Pirro – nacque in un clima arroventato, in un momento di grande euforia politica, di grandi speranze, che entusiasmò sia Petri, sia me». «L’aver rovesciato un tabù – spiegò Petri -, l’aver, cioè, preso un poliziotto come emblema di criminosità, ha fatto di “Indagine” un film politico […] Credo che se ottiene ancora consensi è perché in esso c’è qualcosa che riguarda la nostra interiorità; in noi stessi quel personaggio è duro a morire…».