I risultati della settima campagna archeologica dell’Ateneo friulano
Aquileia: scoperta tomba altomedievale sul sito delle Grandi Terme
Indagata la parte sud dello sfarzoso impianto del IV secolo d.C.
Ricostruiti sedici secoli di microstoria aquileiese
Una sepoltura risalente a circa 1500 anni fa contenente i resti di un uomo è stata portata alla luce dagli archeologi l’Università di Udine sul sito delle Grandi Terme di Aquileia, lo sfarzoso impianto pubblico costruito nel IV secolo d.C. a nord dell’anfiteatro e noto per i suoi raffinati mosaici. Si tratta dello scheletro di uomo non più giovane, ma robusto, alto circa un metro e sessantacinque/settanta centimetri, le cui ossa mostrano tracce di una vita dura, segnata dal sollevamento e dal trasporto di grandi pesi. Il corpo è stato trovato in posizione distesa all’interno di due grandi anfore da trasporto prodotte in Africa e rinvenute lungo il muro meridionale dell’impianto termale. È questa la principale scoperta fatta durante la settima campagna di scavi estivi della missione archeologica che l’Università di Udine conduce dal 2002 ad Aquileia.
Rilevanti i risultati raggiunti dalle ricerche che si sono concentrate lungo il muro perimetrale sud delle Grandi Terme. Le indagini compiute svelano le fasi più buie di questo settore dell’antica Aquileia, spiegando come e quando uno dei più vasti edifici tardoantichi della città (25 mila metri quadrati) è stato ridotto nelle condizioni in cui lo ritroviamo oggi, privo dei suoi muri e colonnati e lontano dalla sua originaria opulenza. Il paziente lavoro degli archeologi e degli studenti dell’Università di Udine è riuscito a rileggere le labili tracce stratificatesi nel terreno e a ricostruire un affascinante racconto che ripercorre sedici secoli di microstoria aquileiese e di cui lo studio dei reperti rinvenuti permetterà di precisare i dettagli.) e ridotta a una sorta di canale, in seguito bonificato scaricandovi rifiuti di ogni genere: frammenti di vasi, ossa di animali e resti delle decorazioni parietali delle Terme.
Dopo il passaggio di Attila, nella seconda metà del V secolo d.C., le Grandi Terme furono ristrutturate ma continuarono a vivere. La strada che le separava dall’anfiteatro fu però in gran parte depredata dei suoi bàsoli (sono state individuate finora tre delle grosse pietre con cui veniva realizzata la pavimentazione delle antiche strade romane.
Fra il VI e il VII secolo d.C. i ruderi dell’edificio furono abitati da piccoli nuclei familiari, forse contadini, artigiani e cavapietre, che riutilizzavano i pavimenti in mosaico tagliandoli per inserire i pali di capanne e di recinti per animali e seppellivano i loro morti lungo i muri rimasti delle Terme, all’esterno delle abitazioni. «Dopo i precedenti ritrovamenti di tombe per lo più sconvolte – spiega la direttrice degli scavi, Marina Rubinich, docente di Archeologia classica all’ateneo friulano –, quest’anno è stata rinvenuta una sepoltura meglio conservata appartenente proprio a questa fase altomedioevale».
Intanto però le coperture e i muri delle Grandi Terme iniziavano a sgretolarsi, perdendo le loro decorazioni (lastre di marmo, intarsi in pietre pregiate e in vetro, tessere musive vitree con foglia d’oro, intonaci vivacemente dipinti, rinvenuti in grande quantità) e allontanando i loro abitanti. L’abbandono definitivo, forse già nel VII secolo, è indicato dai crolli delle coperture a volta in calcestruzzo, caduti direttamente o quasi sui mosaici degli ambienti termali.
L’oblio delle Grandi Terme continuò per molti secoli. Fra XIII e XIV secolo gli aquileiesi del tempo cominciarono a smontare sistematicamente, fino alle fondazioni, i muri ancora rimasti in vista del grandioso complesso termale romano, ormai sfigurato e dimenticato. Pietre e mattoni furono reimpiegati per costruire altri edifici, sculture e cornici in marmo vennero cotte per ottenere calce, mentre le sepolture altomedioevali collocate lungo i muri, fra cui anche la tomba in anfora ritrovata quest’anno, vennero tagliate e sconvolte.
Negli strati creati da queste attività di spoglio venne edificata una piccola casa, con elevato in argilla cruda e tetto forse di paglia, che utilizzava nelle sue fondazioni e nel focolare alcuni dei mattoni e delle pietre cavate dai ruderi delle Terme. Ma anche questa struttura del tardo Medioevo ebbe vita breve e fu demolita. «L’area che si è appena terminato di indagare – chiarisce Rubinich – fu probabilmente destinata alle coltivazioni e al pascolo fino agli interventi di scavo condotti nel Novecento dalla locale Soprintendenza e alle recenti esplorazioni».
La campagna 2008 è durata otto settimane (dall’inizio di giugno fino ai primi di agosto) ed è stata interamente finanziata dall’Università di Udine. Vi hanno partecipato oltre trenta persone fra dottorandi, laureati e studenti, diretti sul campo da Marina Rubinich e coordinati dalle dottoresse Elena Braidotti e Marta Nardin. L’ateneo ha avviato sei anni fa il progetto scientifico congiunto ad Aquileia con la Soprintendenza per i beni archeologici del Friuli Venezia Giulia, sotto la direzione di Frederick Mario Fales e Franca Maselli Scotti.